<<Sette cani facevan le carogne, ma perché cercate rogne? Facete le carogne…>>
E’ stato questo il primo componimento poetico di Figlia. L’avevo dimenticato, nonostante l’intensità del suo significato intrinseco, ma per fortuna il quaderno (rilegato, copertina nera, fogli a righe) in cui ho annotato tutto quello che di rilievo le è accaduto (o ha compiuto) dalla nascita ai 12 anni di vita me l’ha restituito intatto. Quaderno è stato uno dei privilegi della primogenitura: con Figlio ho deciso di archiviare tutto nella memoria, col risultato che come niente potrei aver smarrito per sempre (e mai me lo potrò perdonare) endecasillabi capaci di suscitare identico pathos.
Anche Figlio, infatti, al pari della sorella, è stato poeta dai due ai quattro anni di età, senza però suscitare in me quell’attonito stupore che mi ubriacava, per poi suggerirmi di aver messo al mondo una creatura unica e speciale, capace di gesta che nessun altra nel mondo avrebbe potuto compiere. Era la prima e già il fatto che respirasse mi appariva eccezionale, figuriamoci che pronunciasse le prime parole - Cocodio Camio, (coccodrillo Camillo) – che portasse il cucchiaino alla bocca, che indicasse con precisione che scarpette voleva le venissero acquistate, e fa niente se erano sempre e solo le più truzze disponibili sul mercato. Quando poi cominciò l’epoca dei versi sciolti e delle rime baciate, che avevano per protagonisti pesci-ragno, cani e pipistrelli, sempre perfidi perché sfortunati, poco ci mancò che gridassi al miracolo, per poi escludere l’intervento divino e portarla di filato all’Istituto per lo Studio e la Tutela dei Bambini Prodigio. A mia discolpa la presunzione dei 20 anni, unita all’inesperienza e all’entusiasmo dei neofiti. Continuo questo viaggio a ritroso sfogliando il quaderno un po’ sciupato e mi accorgo con sorpresa che non sto cercando mia figlia bambina, ma me stessa. La me stessa dell’epoca dei bambini piccoli, la più faticosa, la più straordinaria di tutta la vita. E mentre leggo: 20 settembre 1980: primo sorriso “vero”, ritrovo la meraviglia, la felicità, la paura e il coraggio, la forza e la vulnerabilità della me stessa di allora, una ragazzina diventata mamma. Vade retro magone. La formula funziona, sarei stata un ottimo esorcista. Ecco già rido e penso che una ragazza un po’ lo sono ancora, anche se sto per diventare nonna. Una ragazza nonna. Che confortante idea.
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RispondiEliminase mia fai tornare così indietro mi vengono in mente anche le pagelle coi voti della mia Maestra... CARA!
RispondiElimina...il mio starti alla larga in quei vialetti residenziali, vai Montanari, via, Lombroso, via Strampelli... ci hai mai pensato che avesse a che fare anche con quella realtà?
MiaoO
ecco cosa mi succederà fra 25-30 anni
RispondiEliminaIo per adesso faccio la nonna di sostegno, che mi sembra gìà onorevole occupazione, e il periodo "ragazza" mi sembra molto lontano. Il mostro grande vinse un premio letterario per bambini, che si tenne in Campidoglio, per una poesiola che si chiamava "L'albero dottore". Per ricompensa fu seppellita sotto risme di carta riciclata.
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