UNA PER UNO

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babbucce

lunedì 23 aprile 2012

E' SUCCESSO VENERDI'


Dovrebbe essere vietato per legge a delle ragazze di 18 anni di avere figli vicini alla trentina. Di essere nonne. Di avere già puntato il grosso della puglia al tavolo verde della vita. Dovrebbe essere vietato per legge che al vecchio appello, facile e musicale come una filastrocca (Ambrosin, Beato, Bettio…) in due non possano mai più, per nessun motivo più, rispondere. Le jeux sont fait, rien en va plus: così ha sussurrato, vile e disgustoso, prima a Mara (terzo banco a sinistra), poi a Tiziana (la mia compagna di banco) il croupier nero  che disperde le liete compagnie, e io neppure lo sapevo.     
Me l’hanno detto venerdì alla cena di classe, organizzata dalla coraggiosa che secoli fa si preoccupava di portarci in gita o in giro per musei. Il lupo perde il pelo….(e meno male che è così). Una cena di classe 37 anni dopo la maturità.
Non le vedevo da allora, non abito più nella mia città da un tempo infinito. Mentre camminavo sotto i portici, ritrovando gli odori della mia infanzia felice e della mia tumultuosa, sprovveduta adolescenza, avevo paura di quanto mi aspettava.  No, non certo che mi giudicassero invecchiata, come di fatto sono perché le leggi della biologia sono impietose e democratiche, ma di trovarle io invecchiate, diverse, estranee. Un gruppetto di signore ultracinquantenni, magari con la puzza sotto il naso e il marito con il SUV (e chiedo venia a tutti quelli che ce l’hanno e sono anche uomini perbene). E invece erano ancora loro, esattamente loro, forti e volitive e bellissime.  Mi veniva da piangere, mi veniva da ridere avrei voluto stringerle, aspirare il profumo dei loro capelli in cui anche fuori dalla scuola restava imprigionato (come nei miei del resto) l’odore della lavagna tutta scritta col gesso, delle sigarette accese negli anfratti dell’edificio antico, dello shampoo alla frutta che si vendeva in vasi da marmellata e che ci regalavamo a vicenda per il compleanno.   Ci siamo abbracciate e raccontate, abbiamo tirato fuori le vecchie foto delle vecchie gite e le nuove foto dei nostri nuovi affetti. Avevo il magone. Volevo assolutamente un’altra chance. Volevo tornare indietro e magari cambiare direzione una volta superata la mia personalissima sliding door. Poi però è toccato a me raccontare e mostrare. La faccetta buffa del mio nipotino è apparsa sullo schermo del mio telefonino ed è passata di mano in mano. Le sue fossette, le sue pieghe di ciccia, il sorriso che gli buca le guance e svela un primo e unico dente minuscolo e bianco come un chicco di riso. Tagliente come una lametta. Rifarei tutto, non vorrei tornare indietro e cambiare strada, se mai me ne venisse offerto il privilegio.