UNA PER UNO

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babbucce

martedì 30 agosto 2011

40ma SETTIMANA FINITA

Come ci si immagina una donna incinta al termine della 40ma settimana,  che le statistiche indicano come la data in cui nella maggior parte dei casi inizia il travaglio?
Come minimo sudata (se per caso il tutto accade a fine agosto con il termometro fisso sui 35 gradi – 40 percepiti a causa dell’afa), di sicuro con i piedi gonfi che debordano da infradito di gomma e un abitino simil camicia da notte, sudaticcio e con qualche chiazza sul petto (nel 99 per cento dei casi dal settimo-ottavo mese in poi quelle incinte si macchiano sempre, anche a me accadeva).
Se poi si venisse interrogati su quelli che si ritengono essere i desideri più gettonati dalle donne incinte al termine della 40ma settimana si risponderebbe, nella certezza di azzeccarci, secondo questo ordine:
1° partorire in giornata,  col minimo dolore, impiegandoci al massimo 15 minuti tra fase dilatativa e fase espulsiva
2° fare un bagno nelle fresche acque di un mare tipo Tremiti o Sardegna, raggiungendole in un nanosecondo, con la forza del pensiero o su un tappeto volante
3° inghiottire a piacimento gelati (con panna montata) e granite senza prendere un etto, anzi dimagrendo.
Non è questo il caso di Figlia, né per i desideri né per il resto. Con la sua pancetta appuntita e i nove chili scarsi che ha messo addosso in questi nove mesi, si è svegliata ieri, a un minuto dal termine della 40ma settimana, con un un’unica voglia: andare all’IKEA a comprare una cassettiera di legno blu (il blu un po’ slavato degli accessori da vela). Non potevo non accompagnarla anche perché tra noi e l’IKEA ci sono 30 chilometri di autostrada brulicante di camion e scenario abituale di incidenti capaci di bloccare il traffico per ore. Si è presentata con fuseau aderenti, resi graziosi da una passamaneria di pizzo, canottina scollata, cardigan leggero lungo i fianchi, scarpe chiuse, pelle perfettamente asciutta, caviglie sottili (acqua gym, lunga vita a chi ti ha inventato).
In autostrada, per un tamponamento siamo rimaste imbottigliate circa due ore (io sudavo freddo e caldo alla sola idea che le acque si potessero rompere in un simile frangente e ogni tanto dovevo domare anche un piccolo attacco di tachicardia – allo scopo funziona bere dell’acqua tutta d’un fiato).
Figlia tranquillissima si guardava intorno, commentando il paesaggio e divertendosi un sacco a leggere mediante il labiale le imprecazioni degli altri automobilisti sventurati, come noi prigionieri del traffico. All’IKEA abbiamo trovato la cassettiera e, grazie a Bambino nuovo nella pancia, siamo state aiutate da premurosi Uomini del Magazzino in tutte le operazioni di carico e scarico. Una volta giunta a casa, Figlia indifferente al caldo torrido e senza neppure una macchiolina sul petto (nonostante avesse mangiato una pesca assassina) ha sciorinato sul tavolo le millesettecento terrificanti viti e i settemila orridi pippottini in legno in dotazione dei mobili Ikea che, per loro inquietante natura, devono essere montati con il fai da te, quindi ha iniziato ad assemblare i pezzi seguendo le scarne istruzioni che a me fanno venire voglia di gettare tutto dalla finestra (compreso il signor Ingvar Kamprad).
Non sentiva né la fame né la sete. Intanto una piccola quota degli uomini di famiglia (Nonno Putativo e Genero Preferito) arrivava, per spalmarsi affranta per il caldo sul divano, cosparso di tutine da neonato, marsupi, bavaglini, medicinali, libri, penne, mugolando di sofferenza e di stanchezza. Dopodiché, a turno hanno iniziato a dare consigli a vanvera (come solo gli uomini sanno dare in simili circostanze), mentre io  facevo da spalla a Figlia in qualità di ragazzo di bottega, eseguendo i suoi ordini gentili senza metterci il becco (come sole le donne sanno fare in simili circostanze). Lei girava lieve e per nulla accaldata tra le assi tutte uguali, mettendole assieme in modo talmente miracoloso che tre ore dopo l’inizio dei lavori la cassettiera blu era lì, perfetta come nel catalogo. Forse domani vorrà ritinteggiare tutti i muri. Si chiama "sindrome del nido pieno".

sabato 27 agosto 2011

IN RITARDO (?)

Secondo me dovrebbe nascere oggi: ho sognato infatti con estrema chiarezza un calendario di quelli a blocchetto (365 foglietti da staccare a uno a uno), su cui campeggiava la cifra 27, chiara e inequivocabile che se appena appena ci credessi nella possibilità di mettere in tasca qualche soldo senza fare nulla sarei dovuta andare di filato a giocare al Lotto. Invece Lui, l’amico ginecologo, ieri ci ha tolto ogni illusione: ha visitato Figlia dopodiché le ha detto di scordarselo di partorire prima del 3 settembre, cioè tre giorni dopo il termine presunto. Nipotino è “incanalato” (così ha detto Lui, manco parlasse dell’idraulico liquido), la cervice è appiattita, ma niente da fare, non è ancora pronto. Figlia ha chiesto all'amico ginecologo un aiutino, uno di quegli aiutino dolorosissimi che vengono offerti alle gestanti alla 40ma settimana finita, prima di ricorrere al più gentile gel di prostaglandine,  e Lui ha acconsentito perché lei gli ha ricordato di essere una collega. Sì, giusto per questo l’ha accontentata (nonostante la 40ma settimana non fosse ancora finita), così Figlia è uscita dallo studio tutta dolorante, ma di un dolore che nulla aveva a che vedere con quello del travaglio. Nipotino per ora è ben intenzionato a rimanere pesce, nonostante di spazio a disposizione ne abbia ormai pochissimo, come dimostra il fatto che non guizza più, ma si muove lento e sempre più di rado. Però la giornata è ancora lunga: fino a mezzanotte continuerò a sperere che nasca, visto che sul 27 ho scommesso e già sul sesso ho preso una cantonata non da poco (vedi post del 1 aprile), quindi come minimo dovrei rifarmi sulla data di nascita.   

martedì 23 agosto 2011

MENO SETTE GIORNI (SUPPERGIU')



Figlia ci ha raggiunto nel paesino dell’Abruzzo dove da sempre trascorro il mese di agosto. Certo il rischio di partorire sulla Milano Bologna o sulla Bologna Pescara o sul tratto di provinciale che collega la Val di Sangro al paesino c’era e ancora più alto ci sarà sulla via del ritorno ma per il momento non ci voglio pensare. Intanto è qui (ancora per pochissimi giorni) col suo pancione misterioso, scura come un bronzo di Riace, grazie alle lezioni di acqua gym all’aperto che ha seguito un po’ per assicurarsi una provvidenziale agilità al momento del parto un po’ perché fare attività fisica la diverte (da chi avrà preso non si sa). Gira per la piazza, per la pineta, per le stradine in cui si affacciano terrazze e terrazzini affollati di geranei, petunie e surfinie che, con le loro macchie di colore sorprendenti, un paio di settimane fa hanno messo nello scomodo imbarazzo della scelta la commissione che ogni anno si riunisce per assegnare il premio “Balcone più bello” (io non concorro perché qui non mi dedico ai fiori interrati, solo a quelli selvatici e recisi - non ammessi - che raccolgo e sistemo in vecchi pentoloni di alluminio pesanti come piombo e come il piombo pericolosi da impiegare per la loro reale destinazione d’uso).  Ed è in questi giorni che Figlia ha dato il meglio di sé sul fronte del luogo comune e delle vecchie credenze popolari, incurante del fatto che io di smascherarli a uno a uno, di spazzarli via con la scopa della scienza, di eradicarli con la luce laser delle nuove scoperte ho fatto una missione. Così, mentre io scrivo almeno venti volte l’anno rubrichette brevi ma pregne di significato dall’inequivocabile titolo “Gravidanza: non è vero che…” lei, con la sua autorevolezza di medico passa la giornata a confermare a uno a uno i miti antichi che ancora circolano indisturbati intorno ai “nove mesi”, quasi che nessuno di essi negli ultimi cento anni fosse stato smentito, come di fatto è invece avvenuto. Tra l’entusiasmo generale delle mie amiche (para-veggenti e “nonne in seconda”, come una di loro – Annamaria - si è definita) annuisce convinta quando qualcuna le predice che il parto avverrà una settimana prima grazie all’arrivo della luna nuova; conferma che la modesta dimensione della sua pancia si deve non già alla sua alimentazione parca e alla drastica eliminazione dei dolciumi, ma al fatto che Bambino nuovo è un maschio; tollera tra i suoi capelli strisce imbiondite dal sole, dando retta alla sua parrucchiera di fiducia secondo cui i prodotti coloranti con cui è solita scurirle (unica donna coi capelli chiari che li vuole corvini) in qualche modo danneggiano il bambino (ma Figlia lo sa benissimo che nessun cosmetico al mondo – occidentale - può avere simili effetti collaterali).

<<PERCHE’????>>, le chiedo sconcertata. <<Perché distruggi quello che io creo? Perché dici quelle cose della luna? Perché alimenti il mostro (dell’ignoranza)?>>

<<A ma’! Così è più divertente. Mi piace l'idea della luna, voglio avere paura dei coloranti. Vuoi mettere?>>. Mi sembra Pretty Woman che dice a quell'oltraggio al pudore di Richard Gere: "Voglio la favola, Edward".  
Poi Figlia aspetta la notte per filare fuori a guardare il cielo di agosto pieno zeppo di stelle e come me 31 anni fa aspetta che ne cada una, sia pure piccolissima, per chiederle che vada tutto  bene e che Bambino nuovo sia sano e forte e anche, se non è di troppo disturbo, che dorma sonni tranquilli e prolungati, soprattutto dalle 9 pm alle 9 am (vabbé, facciamo le sei).  


mercoledì 10 agosto 2011

DUBBI IN EDICOLA

Oggi è il compleanno di Figlia. Le ho telefonato alle 8.16, ma per assicurarmi una simile celebrativa puntualità ho cominciato alle 7 e 05 a vagare in lungo e in largo (con Gino e la signora Luisa al seguito) alla ricerca di un punto da almeno tre placchette (di ricezione, sul telefonino). Figlia è ancora in città  (oggi ha l’ultima ecografia) e ci raggiungerà sabato.  Invece io sono in Abruzzo, nel paesino delle stelle cadenti, dei pini, degli amici dell’infanzia e del cibo di Belzebù -  si chiama fiadone è fatto con un formaggio fresco detto maciocco, è spudoratamente delizioso e solo a passargli accanto ti svolazzano addosso decine di calorie, figuriamoci a mangiarlo.
<<Tanti auguri a te…tanti auguri a te…e la torta a te (io sono a dieta)…>> le ho canticchiato al cellulare.
<<Ma’ non so se prendere Dolce attesa o Donna e mamma…>>
<<Scusa?>>
<<Sì, sono qui dal giornalaio, sai che quelle incinte hanno l’impulso di comprare giornali?>>
<<La sindrome dell’edicola!>>, trionfo io, già immaginandomi nei libri di storia della medicina sotto la voce “Compulsività del Terzo Millennio”, in un apposito riquadro intitolato “SCOPERTA DA…”
<<Be’ mancano 20 giorni. Che faccio: Gravidanza e parto? Primi giorni in ospedale e prime cure al bebè?>>
<<Prendili tutti e due!>>, le suggerisco certa che mi sarà grata di averle risolto così salomonicamente il dubbio.
<<Ehi ma’ io non ho mica tempo di leggerli i giornali>>.
Dunque come si chiamava quel personaggio che citava sempre mia nonna? Viveva nelle pagine del Bertoldo (o era il Candido?) ...sì ecco il  Signor Veneranda. Tale e quale a lei, solo molto più brutto e molto meno incinto.

mercoledì 3 agosto 2011

IN ODOR DI 10 AGOSTO

C’ è stato un tempo in cui quando mi sdraiavo nel punto della battigia dove le onde arrivavano a lambire il mio fianco asciutto e abbronzato, in un eccesso di pudore (ma forse – ho capito poi -  era malizia) sistemavo due grossi ciottoli sullo slip del bikini, per evitare che tutti potessero sbirciare oltre le mie anche aguzze, oltre il mio ventre convesso. C’è stato un tempo in cui alle stelle dell’estate, a cui fino a quel momento non avevo chiesto nulla, preferendo economizzare sui desideri nella certezza che la mia discrezione sarebbe stata premiata successivamente, ho domandato che fosse una bambina e che fosse sana e forte come anticipava il nome che avevo scelto per lei.  
Era la notte di san Lorenzo: guardavo oltre la finestrella aperta sopra al lettino del travaglio e mentre ingoiavo lunghe lacrime calde sollecitate dal dolore sordo che provavo (di cui nessuno mi aveva parlato), dicevo addio alla ragazza che fino a un minuto prima ero stata. Addio all’assoluta assenza di responsabilità, ai bagni nel mare di mezzanotte,  alla possibilità di pensare solo a me, nient’altro che a me.
C’è stato un tempo in cui non sapevo che quando ti mettono una figlia tra le braccia non te ne importa più nulla delle notti spensierate, nulla più conta abbastanza da far rimpiangere la vita com’era senza di lei. Figlia grazie a Nipotino (ancora senza nome)  ne avrà conferma tra pochissimo. Tra meno di 4 settimane.