UNA PER UNO

UNA PER UNO
babbucce

martedì 29 dicembre 2015

CHE TIPO DI NIPOTINO 3


<<Nonna? Tra pochi giorni compio 5 anni?>>

<<Eh no, ce ne vogliono tanti di giorni per i 5 anni: il tuo compleanno è stato pochissimo tempo fa!>>

<<E quanto ci vorrebbe per un compleanno?>>

<<Un anno. Gli anni si compiono una volta all’anno. Tu ne hai appena compiuti 4. Sono passati esattamente tre mesi e 18 giorni dal tuo compleanno>>

<<Nonna? Qual è il numero più grande di tutti?>>

<<Ehm, dunque, non esiste perché i numeri sono infiniti>>

<<Cosa è infiniti?>>

<<Aheem  … auc … ehm .. Che non hanno fine, che si può andare avanti a contare ancora e ancora e ancora e ancora – aiutami a dire ancora – ma per quanti ancora conterai ci sarà sempre un altro ancora>>

<<Nonna, ma io mi stanco ad aspettare ogni giorno il mio compleanno perché me non mi piace averci quattro anni, sono pochini>>

<<E cosa ti piacerebbe avere?>>

<<Cinque anni! Cinque anni, nonna!>>

<<Perché>>

<<PeRRché il 5 viene dopo il 4: 4, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 13, 18 … no speta, 11, 12, 13, 14, 18 …>>

<<Ma per fare cosa vuoi avere 5 anni, Nipotino?>>

<<Mmmmm non so, non li ho mai avuti! E poi la sai una cosa?>>

<<Cosa?>>

<<Lo sai che nella pancia della mia mamma c’è un fratellino?>>

<<………………………… ………………….       Ma sei sicuro?>>

<<SicuRRRissimo me lo ha detto la mia mamma!>>

<<Ma sai che è una notizia bellissima?  Diventi fratellino maggiore! Vedi che anche a quattro anni si possono fare grandi cose? Appena arriva il Nonnone dovrai dirlo anche a lui!>>

………………………………………………………………………………………….

<<Ecco il Nonnone! Cosa gli devi dire, Nipotino?>>

<<Ciao, Nonnone! Ho un berretto nuovo con la ragnatela di Spiderman!!!>>

<<Poi me lo fai vedere, ok?>>

<<OK!>>

<<Nipotino, che altro devi dire a Nonnone? Ti ricordi? La notiziona…>>

<<E’ uscito l’album di Masha e l’Orso, l’ho visto in tivu! Me lo compri Nonnone?>>

<<Nipotino, pietà, qual è la notiziona meravigliosa che mi hai detto prima e che dobbiamo dire anche al Nonnone?>>

<<Che stasera mangio qui!>>

 

 

 

 

 

venerdì 25 dicembre 2015

QUANDO SI DICE AZZECCARE UN REGALO



Ha  voluto spegnere tutte le luci, comprese quelle fioche e tremolanti della candele. Poi ha iniziato a saltare, in rotazione del busto che neanche Nando Orfei, perché altrimenti lo spettacolo sarebbe stato solo a nostro beneficio e lui se lo sarebbe perso.  Ha danzato, calpestato, fatto piroette, pressando a terra prima un piede, dopo l’altro piede, poi tutti e due insieme, senza mai perdere di vista l’effetto che tale meraviglia pirotecnica produceva su di noi. Quindi si è messo davanti all’unico specchio della mia casa, uno specchio lungo, striminzito e con sagoma curvilinea – chi non ha comprato una simile scomodità all’Ikea scagli la prima pietra – e ha compiuto mille acrobazie per monitorare e possibilmente registrare nella memoria i virtuosismi luccicanti che si verificavano in risposta a ogni suo sgambetto.

Mai nella mia vita ho azzeccato un dono in maniera così superba, completa, priva di sbavature come è accaduto con le scarpe che si illuminano che, in collaborazione con Nonno Putativo, ho regalato a Nipotino per Natale.        

 



 

venerdì 11 dicembre 2015

NOTTE DI SANTA LUCIA


C’è stato un tempo, tanto tempo fa, in cui anch’io avevo un bambino biondo e una bambina con una lunga treccia e il naso all’insù. E in quel tempo di tanto tanto tempo fa nella nostra casa di allora, la casa dei bambini piccoli e del fedele Milo (che ci avrebbe lasciato moltissimi anni dopo, al di là di ogni ragionevole previsione, povero vecchione a cui piaceva stare al mondo), i due ragazzi che eravamo io e Nonno Bio la sera del 12 dicembre preparavano tutto per l’arrivo della Santa Lucia e del suo asinello.
Figlio, il mio bambino, disponeva su un piattino d’oro i biscotti di cui, giurava, la santa era ghiotta; Figlia, la mia bambina, provvedeva a versare in una scodella il latte fresco con una cucchiaiata di cacao zuccherato per l’animale, l’unico asino di questo e di quell’altro mondo che ne gradiva il sapore e soprattutto riusciva a bere da una scodella.  Lui aggiungeva quindi un mandarino, che non si sa mai la santa avesse molta fame, infine correva in giardino e accanto alla scodella con latte e cioccolato poneva una dozzina di fili d’erba ingialliti e strappati al terriccio ghiacciato. Un po’ sembravano fieno, la morte sua con latte e cioccolato, per quella buona forchetta dell’asinello di santa Lucia.

Poi li accompagnavamo nei loro lettini, rincalzavamo le coperte e loro chiudevano gli occhi, strizzandoli per essere sicuri che non si riaprissero: sapevano bene che si sarebbero dovuti addormentare in fretta, guai se la santa li avesse trovati svegli, se ne sarebbe andata senza lasciare i doni, sorda perfino al richiamo di tutte le ghiottonerie apparecchiate per lei.

Restavamo un poco sulla porta, lui da lei, io da lui, guardando i loro visetti assorti e fiduciosi rischiarati  appena dalla lucina della notte. Io respiravo il loro odore di bambini piccoli senza alcun presagio di malinconia e di rimpianto: erano lì, erano miei e lo sarebbero stati ancora per così tanto da farne indigestione, povera illusa.

Poi in punta di piedi tornavamo nella stanza dove c’erano l’albero e il presepe e il tavolo imbandito per santa Lucia.

Piano piano tiravamo fuori i pacchi tenuti nascosti negli scaffali alti degli armadi, dove i bambini mai li avrebbero potuti trovare, e li disponevamo esattamente come avrebbe fatto santa Lucia in persona, per non far nascere sospetti. Da una parte quelli di lei, dall’altra quelli di lui e per terra, insieme per tutti e due, gli zuccherini dalla carta colorata, i classici, quelli della santa Lucia appunto, più tutta una serie di dolcetti da bambini: il carbone e il formaggio di zucchero, le sigarette di chewing gum, le bananine di cioccolata, i marshmallow rosa e bianchi, gli omini di zenzero, i lecca lecca Babbo Natale.  E con questi dolcetti facevamo una specie di sentiero da cui si potesse dedurre che fossero caduti accidentalmente a terra durante il passaggio dell’asino, che li portava nelle gerle legate alla groppa.

E verso le cinque del mattino, il mattino del 13 dicembre, venivamo svegliati da piedini impazienti che volevano andare a vedere se santa Lucia era arrivata.

Li prendevamo per mano, io lui, lui lei, tiepidi di sonno, con gli occhi luccicanti di eccitazione e piano piano ci affacciavamo nella stanza dell’albero e del presepe.

E sì, che fortuna, santa Lucia era arrivata e aveva anche gradito i biscotti e il mandarino: nel piatto d’oro c’erano solo briciole e bucce. L’asino aveva bevuto il latte con il cacao e gustato parte dell’erba ingiallita: ne aveva lasciato sul tavolo circa la metà. E per terra c'erano pacchi e dolcetti e le luci dell'albero e del presepio erano tutte accese.

Solo un attimo, un attimo in cui tutto sembrava fermarsi, poi i bambini correvano ad aprire i doni con gli occhi stellati e vocine allegre da passeri.

Ma in quell’attimo in cui tutto era fermo e si poteva quasi sentire il cuore dei bambini battere forte per l’emozione avrei giurato in tribunale, davanti alla più agguerrita delle giurie, che era stata davvero la santa Lucia – e non noi – a mettere i doni e i dolcetti e anche a mangiarsi con gusto i biscotti e il mandarino.

 

 

martedì 8 dicembre 2015

ERMENEUTICA

Nel linguaggio di Nipotino, Figlia è rappresentata a vari livelli di mammità.

E’ “la mia mamma Valentina” quando ne ha nostalgia e quindi a voce alta ne ricorda le azioni, i gesti, le parole. “La mia mamma Valentina ha disegnato con me”, “La mia mamma Valentina mi ha detto che sono pRRopRRio bello”

E’ “mia mamma” di sera, durante il tragitto in auto verso casa sua, quando manca poco al momento in cui la rivedrà dopo tante ore passate tra asilo e casa dei nonni. “Mia mamma è a casa che mi aspetta”  “Quando aRRivo a casa dormo con mia mamma”

Ma quando ripassa i suoi divieti e i suoi precetti (oggi niente I-pad, non farti imboccare dalla nonna, in bagno devi andarci da solo) Figlia è semplicemente “LEI”. “LEI ha detto niente televisione!”

LEI: la massima autorità del cosmo, la detentrice della Legge e della Verità, LEI.  I suoi imperativi sono categorici. Le sue dritte che non si discutono. LEI. E io mi chiedo, tra lo stupore  e l’ammirazione (più qualche grammo di purissima invidia), in che modo Figlia ci sia riuscita a raggiungere questo terzo livello di mammità,  una chimera per noi nati dieci anni dopo quelli che hanno fatto il Sessantotto.  

 

 

venerdì 4 dicembre 2015

TRADUZIONE LETTERALE


<<Nonna mi dai un po’ di Nutella?>>

<<Va bene>>

<<La mangio da solo!>>

<<Senza sporcare te stesso, il divano, i muri di casa, il pavimento, la giacca del nonno, il telecomando, lo schermo di Tv, cellulari, pc, tutti i libri di casa, compresi quelli negli scaffali più alti?>> (sì perché la Nutella ha l’alchemica proprietà di spantegarsi ovunque: 20 grammi possono coprire fino a 100 metri quadrati di superfici, tra mobili, soprammobili, esseri umani, indumenti)

<<SenSa, nonna, sensa. STO ATTENTO!>>

<<Eccola qui>>

<<Mmmm è buona, mi piacce un SSSACCO, ploplio buona mmmmm: posso portarla a casa al mio papà Michele e alla mia mamma Valentina?>>

<<Non ti va più?>>

<<No, mi va: è che IO LO BASTO, nonna!>>

<<Vuoi dire che per adesso basta così?>>

<<EHHH NO!>>

<<Cosa allora?>>

<<Vuole dire che ne ho mangiata abbastanza ANCHE PER DOPO>>