UNA PER UNO

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babbucce

venerdì 24 febbraio 2012

SULLA SIGNORA CHE STIRA

 Lei è di quelle che se le dici che tutta la tua famiglia è appena deceduta in un disastro aereo risponde subito che una volta in treno le è capitato di conoscere il cugino del cognato di uno zio che aveva frequentato una coppia americana che aveva perso il figlio in un incidente simile.   
Lei è di quelle che se le dici che a tuo figlio assegneranno il Nobel per l’astrofisica risponde che il figlio del nipote di suo cognato a soli 29 anni sta per prendere la laurea breve.
Lei è di quelle che se le dici che il tuo cane ha imparato a parlare l’inglese, perché l’italiano lo masticava già, risponde che il canarino del marito di sua sorella si arrota il becco sull’osso di seppia.
C’è stato un tempo in cui mi ci arrabbiavo moltissimo (o, l’idealismo, il furore, il sacro fuoco della giovinezza). Poi ho tentato di redimerla, di plasmarla, di catechizzarla indicandole il piacere sottile dell’empatia (la faticosa sindrome del missionario, una vera e propria malattia di crescenza che inizia a 40 anni e dura chissà, il decorso è variabile, a me è passata presto).
Infine ho cominciato a subirne il fascino, ad ammirarla incondizionatamente:  mostrare così vistosamente, maestosamente, chiassosamente al tuo interlocutore che non te ne frega nulla di quello che dice, neppure se si tratta di notizioni grossi così, è un’arte. Ci vogliono maestria, allenamento, furbizia, aplomb.   
Sono quasi 30 anni che viene da me per sbrigare quella sinistra mansione che è lo stirare (e di questo le sono enormemente grata). Da 10 anni a questa parte ho smesso di raccontarle qualsiasi cosa: i figli sono cresciuti e se ne sono andati. Ho cambiato casa. E’ morto Milo (il cane dei miei bambini piccoli). E’ arrivato Nonno Putativo. Figlia è diventata medico. Ma io niente, zitta. Negli ultimi 10 anni bevendo insieme il caffè a metà mattina (un rito fisso) ho ascoltato di zii e di cognati e di mariti e di suocere altrui senza mai metterci nulla di mio, nessuna informazione personale. Poi a settembre ci sono ricascata:
<<E’ nato il mio nipot…>>
<<La mia vicina di casa, quella che abita sotto di me e ha già tre figli è incinta. L’ha saputo ieri. Madonna me, che roba…>>, ha detto precipitosamente. 
E' splendida.  


mercoledì 22 febbraio 2012

SUL CUORE DURO DEI PEDIATRI

Con addosso il brutto vestito da ape che tanto lo rende contento, Nipotino è andato ieri dal pediatra per la visita di controllo. Nell’ordine il medico ha decretato che:
è un soggetto atopico (non ha ancora sei mesi ed è già uno tra i tanti, per giunta con la dermatite)   
è al 90mo percentile per grassezza e tra il 50mo e il 70mo per altezza (come i puf da salotto)
è giunto per lui il momento di essere sfrattato dalla stanza dei genitori ed essere esiliato nella sua cameretta
deve cominciare le prime pappe che non potranno essere a base di pizza, nonostante sia questa l’unica pietanza che lo attrae quando dal seggiolone punta il tavolo dei grandi con la fronte corrugata
Giornataccia per Nipotino. 
Fortuna che il suo brutto vestito da ape riesce comunque a tenergli il morale alle stelle.
Alla fine del suo resoconto di questao visita, ehm bilancio della salute, colma di gongolante aspettativa nonnesca ho chiesto a Figlia se il pediatra si fosse espresso genericamente sul bambino, per esempio assicurando che si trattava del più bel pazientino che mai gli fosse capitato in ambulatorio o, almeno,  del più intelligente.  Niente da fare. Il pediatra di Nipotino, anziché stramazzare al suolo per la meraviglia, si è comportato come avesse davanti un bimbo come gli altri. Da non credere.   

domenica 19 febbraio 2012

E APE SIA

Aveva detto “ape”, a ogni costo “ape” e ape è stata (vedi post Conflitto d’interessi dell’11 marzo 2011).
Ape regina per giunta, come si deduce dalla corona.
Così il mio nipotino è dovuto uscire e farsi ammirare dall’intero mondo con un vestito in maschera chiaramente da bambina, solo per assecondare un capriccio materno. Io volevo orsetto, ma non c’è stato niente da fare: ubi major minor cessat (azz...). Figlia dice che data l’espressione virile e lo sguardo malandrino si capisce benissimo che è un fuco. Ma quel che è peggio è che i due hanno fatto comunella: dovete sapere che al mio nipotino la sua mamma piace parecchio e approva con entusiasmo le sue scelte in fatto di abbigliamento.
                                      
                                     
Si è divertito molto al centro commerciale (poveri bambini di città, è questo il luogo dove si ritrovano a correre e tirar coriandoli, ma tant’è) e ancora non sapeva che a casa lo attendeva una spiacevole novità.
                                
Sì, Figlia ha deciso che è giunto il momento di introdurre la mela. Lui cerca di resistere perché intuisce (memoria endosomatica mi pare si chiamino questi ricordi ancestrali impigliati nel DNA) la fregatura: da cosa nasce cosa, quindi come niente dalla mela si passerà alla minestrina e allora addio tetta. Ma poi cede. E’ il classico esempio della resa per fame. Però va detto che per Figlia è una vittoria amara: ogni microgrammo di mela  viene inghiottito, infatti,  tra scenografici conati di vomito.