C’è stato un tempo, tanto tempo fa, in cui la mattina del 31 gennaio scendevo dal letto con una sensazione elettrizzante, un misto d’ansia, euforia e attesa. Guardavo fuori dalla finestra per vedere (sì proprio vedere) il freddo, per riconoscerlo sui rami intirizziti, sui nasi rossi dei passanti, sui tetti luccicanti di ghiaccio. Poi correvo in cucina sicura che avrei trovato in mezzo al tavolo una busta sigillata, che avrei aperto con dita impazienti. Nella busta c’era un cartoncino su cui stava scritta (rigorosamente in rima) la prima indicazione utile per iniziare la caccia al tesoro di buon compleanno.
Ehi bambina: fai 3 passi oltre la cucina (1967) oppure Lallina bellina prova nella stanza più piccina… (1970) o ancora Adesso sei una signorina…dai su, scendi in cantina… (1974)
Eseguivo e sopra un armadio, oppure sotto una credenza o magari all’interno del cesto della biancheria asciutta trovavo il primo pacchetto con il primo regalo. Lo scartavo e la sorpresa mi toglieva il fiato: c’era sempre un dono straordinariamente azzeccato e mai ho saputo come facesse mia madre a indovinare i miei desideri più folli, quelli che mai le avrei confidato perché non mi piaceva chiederle niente, consapevole che se non avesse potuto accontentarmi ne avrebbe sofferto. L’Eau Sauvage di Dior, per esempio, che costava quanto due mesi del mio stipendietto, oppure la borsa a fiori di Ken Scott o l’ultimo LP di Guccini.
Accompagnava il primo regalo un secondo biglietto con la successiva dritta: frugavo, spostavo, mi arrampicavo, mi accucciavo e infine scovavo il pacchetto, lo aprivo, trasecolavo, leggevo il nuovo biglietto e avanti così, fino all’ultimo dono, che in genere era il più spettacolare tra tutti gli altri, che pure non scherzavano in quanto a spettacolarità.
E per tantissimi anni mia madre ha continuato a regalarmi un 31 gennaio ricco di indovinelli e di doni sorprendenti (da un certo punto in avanti, grazie alle soffiate di Figlia, senza neppure più doversi scomodare a leggermi i desideri nel pensiero). Ha continuato a garantirmi, ed era un lenimento per lo spirito, un compleanno da bambina anche quando avevo smesso (e da un pezzo) di esserlo una bambina. Poi un 31 gennaio sono entrata nella sua cucina e sul tavolo non c’era alcuna busta, solo un mucchietto di banconote. Ho sentito un freddo nella schiena e la gola seccarsi:
<<Cos’è?>>, le ho chiesto furiosa (ma era solo terrore travestito).
<<Il tuo regalo…E’ il tuo compleanno>>
<<E allora? Sarebbe questo il mio regalo? SOLDI???>>
<<Sì, così ti compri quello che vuoi…Io non so cosa vuoi. Non so comprare regali, non ne sono mai stata capace>>.
E così sono stata costretta a prendere atto di quello che fino a quel momento non avevo voluto vedere: era il 31 gennaio di non molto tempo fa.