UNA PER UNO

UNA PER UNO
babbucce

lunedì 31 gennaio 2011

SULLE PUNTE DELLE PANCE

Con fierezza  l’aspirante Bisnonna, dopo aver squadrato con rammarico Figlia (ovvero sua nipote) ci comunica che adesso non può dirci nulla del sesso del bambino perché la pancia è ancora troppo piccola.
Non mi passa neppure la mente non dico di discutere (non mi resta più neanche un filino di energie da disperdere con quello che è accaduto oggi, e che devo per il momento tenere per me) ma neppure di accennare vagamente alla parola “ecografia”. Mi risponderebbe sprezzante che da che mondo è mondo si sa benissimo che “pancia a punta non va in guerra” e che quindi non abbiamo bisogno di ultrasuoni per sapere. Quello che ci serve invece è un accenno di pancia in più.
Le sue pance da incinta erano state tutte tondeggianti e infatti di maschi si è sempre trattato (Pancia tonda va in guerra: semplice come la scala di do).
Contrastare la sicumera di un'aspirante Bisnonna che a suo tempo ha raggiunto più volte la sala parto con la sempre uguale certezza (confermata dai fatti successivi) di dare alla luce un maschio e poi un altro e un altro ancora sarebbe spossante oltre che del tutto inutile.
Così, al solo scopo di darle soddisfazione, mi mostro un po’ delusa di non riuscire oggi stesso a risolvere l’enigma del sesso grazie al suo occhio clinico. Lei che, quando ero ancora la moglie di suo figlio, è stata la miglior suocera del mondo tenta di consolarmi dicendo:
<<Se vuoi provo col pendolo…>>
Ma Figlia è già sparita. Ha detto un rapido ciao a sua nonna, l'aspirante Bisnonna, e si è smaterializzata. 
Peccato che sia così aridamente tecno-scientifica. A me ‘sta faccenda del pendolo m’intrigava assai (anche perché, ora che ci penso, con me tanti anni fa ci aveva azzeccato).    



domenica 30 gennaio 2011

SENTI NIPOTINO...

voglio mettere in chiaro una cosa: ti chiamo così - nipotino, bambino - perché è consuetudine della nostra lingua usare la forma maschile per gli esserini che stanno nella pancia, fino a quando l’ecografia non svela il loro sesso. Non offenderti quindi se sei una bambina. Lo so, adesso che sei un cavalluccio marino e di te abbiamo visto solo un minuscolo cuore di luce non te ne importa nulla dei termini che uso per alludere a te, ma magari un domani, se fossi davvero una bambina e se mai dovessi leggere quello che oggi scrivo, potresti esserne spiacevolmente colpita.  
E’ bene allora che tu sappia che mi va bene esattamente quello che sei e che quando finalmente mi verrà detto il tuo sesso mi sembrerà di non avere più nulla da chiedere alla vita, da tanto che mi farà felice che tu sia un maschietto, che tu sia una bambina.   



venerdì 28 gennaio 2011

PUNTI DI VISTA E UN SOS STUFE

Esce dal camerino: alta, sottile, indossa strani slip a calzoncino, un reggiseno a incrocio,  autoreggenti. Biancheria tutta bianca, di pizzo impalpabile. Biancheria da sposa.
“E’ troppo magra”, penso senza dire nulla.
Da quando è incinta, con la scusa dell’inappetenza, ha perso più di tre chili. Nipotino, ti prego, tieni duro.
Stiamo aspettando che arrivi la fashion manager, la stylist.   Insomma, giusto per capirci e senza l’intento di offendere nessuno, stiamo aspettando la sarta con l’Abito nuziale: è il giorno dell’Ultima Prova. La stanzetta  è calda e accogliente, piena di luce, Figlia è un po’ in ansia e ha un po’ di freddo (nonostante qui dentro ci siano di sicuro almeno 24 gradi). Per forza, è troppo magra. Ha il piercing sull’ombelico (niente in confronto a dove ce l’ha suo fratello), un ghirigoro tribale tatuato ad altezza reni (niente in confronto all’arazzo a colori indelebili che decora il polpaccio destro di suo fratello) e le creste iliache che delimitano vistosamente il ventre rientrante, che non dà segni di sé.
Dove sei Nipotino? Se questa qui non mangia come farai a crescere?
Entra la stilista, tenendo in mano l’abito con la stessa cautela con cui un artificiere maneggerebbe una valigetta abbandonata in aeroporto da un terrorista islamico.
Bionda, sofisticata, con lunghi capelli freschi di piastra e lunghe ciglia sapientemente scurite dal rimmel, invita Figlia a scivolare nel vestito.
<<Sai?>>, le dice Figlia mentre infila le braccia nelle maniche. <<Sono incinta…Però mancano solo due settimane al matrimonio, ci starò ancora., vero? VERO?>>.
<<Incinta?>>., esclama con orrore l’altra, tradendo il suo lato più occulto e popolano.
<<Madonna, ma non è che mi diventi un bue? Una mongolfiera? Un’autocisterna? Non è che poi questo non si chiude più? Vediamo …vediamo…sì sì, certo che sì, che sarà così. Giorni celesti! Santi del paradiso. Si vede già eccome. Madonna e Gesù Bambino…guarda qui che pancia che ti è uscita!  Miodddio non so se ci starai tra due settimane…>>
<<Basta così. La prego se ne faccia una ragione e superi questa crisi mistica>>, ho detto io, prendendo in mano la situazione. Ed è stato un bene perché infatti siamo riuscite a iniziare e concludere l’Ultima Prova.
A dire il vero, ogni tanto la stylist scuoteva la testa, ogni tanto sospirava. Forse invocava santi non menzionati in prima battuta, ma  non lo potrei giurare, perché se così era si limitava a farlo mentalmente.
<<Ma sopra che ci va?>> ho chiesto a un certo punto.
<<Una stola>>
<<Posso vederla?>>
Una striscia sottile di lana bianca (filo singolo) si è materializzata tra le mani della sarta e da lì è finita sulle spalle di Figlia, lasciando ancora bene in vista clavicole, scapole e qualche altro osso minore.   
<<Ma morirà di freddo. Resterà stecchita. Non saprà mai come va a finire la cerimonia. Qui si parla delle sei di sera dell’undici febbraio>>  
Figlia e stylist mi hanno guardata attonite. Di più: esterrefatte.
<<E scusa cosa vorresti che mettessi?>>
<<…esse…>> , le ha fatto eco la sarta.
<<Un cappotto? Un mantello?>> ,  ha incalzato Figlia con sarcasmo.
Sì lo ammetto: vorrei che sopra quell’abito di seta leggera, indossasse una pelliccia, un piumino da sci, uno scafandro. Che mettesse guanti, cappello, maglietta di lana. So per certo che l’azione di sposarsi non dà l’immunità dalla polmonite, ma non lo dico perché tanto non mi crederebbe (e l’altra fashion victim si schiererebbe, complice, al suo fianco).
Non mi resta che telefonare al prete che officerà la cerimonia per implorarlo di posizionare a fianco dell’altare una bella stufa che possa aggiungere calore all’aria che l’impianto di riscaldamento generale non potrà rendere più che appena tiepida data la vastità della chiesa. Più tardi, mentre compongo il numero del don penso al mio criterio guida quando mangio cioccolato (“melius abundare quam deficere”) e decido che di stufe accanto all’altare ne domanderò 25 .
Così mi sarà più semplice ottenerne quattro, che mi paiono il minimo.  

giovedì 27 gennaio 2011

A PRANZO CON LO ZIO

<<Va be’: non usa più mangiare per due, ma almeno per uno…per mezzo?>>
<<Gnumf …umf…ma’, fa niente, dammi a me..finisco io…>>
<<’Sti braccialetti non funzionano: ho nausea, non mi va più giù…>>
<<A me invece sì. Si sa cos’è?>>
<<In decima settimana? Ma per favore…>>
<<E quando allora?>>
<<Ci vorrà un bel po’>>
<<A te cosa piacerebbe?>>
<<Boh…, ma’ scusa, che domande fai?>>
<<Niente, così>>
<<Ma almeno sei contento?>>
<<De che?>>
<<Di diventare zio>>
<<Ah, ecco...Io dunque sarei ...già...hummm zio... il figlio della sorella è uno ...ah no...lui è un nipote....Io lo zio>>
<<Sì, appunto, allora sei contento?>>
<<Boh, adesso boh…difficile…, cioè, mah MMM, macchennessoo>>
Figlia (con Bambino nella pancia) e Figlio sono venuti a pranzo da me, senza accordarsi tra di loro e, ovviamente, senza preavviso. Diversi in apparenza quanto un caimano e un pipistrello, ma in realtà accomunati da un identico DNA emotivo, solo presentandosi all'una p.m., senza prima avvertirmi, riescono ad avere la certezza di potersi lamentare di tutto quello che non trovano in frigorifero e, tanto meno, sui fornelli.
Alla velocità della luce ho preparato una pasta all’olio e parmigiano: un virtuosismo culinario da mensa dell’asilo che loro, grazie a dio, non disdegnano anche se, giusto per non perdere le deliziose abitudini dell’adolescenza ormai perduta, davanti ai piatti hanno simulato cinque o sei conati di vomito.
Figlia, che la nausea adesso ce l’ha proprio, ha mangiato solo un paio di forchettate. Figlio ha spazzolato il proprio piatto e poi anche gli avanzi della sorella. La conversazione  è stata comunque vivacissima, sia in rapporto alle loro potenzialità comunicative nell’ambito dei fraterni vis-à-vis, sia in relazione al fatto che  Figlio è loquace ed espansivo quanto un temperamatite di ferro rinvenuto in una pozzanghera.    
Tutto è finito nell’arco di 30 minuti, trascorsi i quali Figlia e Figlio si sono avviati con stupefacente sincronismo (lo stesso che li ha guidati a casa mia all'ora di pranzo) verso la porta d’ingresso e verso il loro indaffarato pomeriggio.
<<Addio nonna>>, ha sghignazzato Figlio prima di sparire.
Quel che si dice una presa di coscienza genealogica.   

mercoledì 26 gennaio 2011

DI KRAPFEN, MOLTIPLICAZIONI E SCELTE

Tempo di carnevale, tempo delle pagnottelle di Belzebù. Tondeggianti, dorati,  con un aroma di paradiso (come appunto si conviene a un’esca diabolica) e il cuore di crema pasticcera, tiepida, morbida, profumata di limone, i krapfen occhieggiano suadenti da tutte le pasticcerie.
RESISTERE è la parola d’ordine. Obbligarsi a mangiarne solo uno, rimandando di giorno in giorno il momento fino a spostarlo alla vigilia della quaresima è l’espressione più diretta di una disciplina interiore che neanche Santa Teresa di Avila.
Di più: è un modus vivendi grazie a cui si può evitare, tra la fine di gennaio e il martedì grasso, un aumento di peso pari a tre chili, che aggiunti ai quattro chili conquistati tra l’otto e il 31 dicembre fanno sette chili, in meno di tre mesi. Se ogni anno accadesse, in sette anni ci si troverebbe con un totale di 49 chili in più, per mandare via i quali ci vorrebbe il diretto intervento della Madonna di Lourdes. Ma questo spettro nero, quando si sta per diventare nonna, comincia a fare meno paura: ormai. ORMAI. O-R-M-A-I si può cambiare taglia, una 48 può essere accettabile. Anzi, auspicabile per non correre il terribile rischio di cadere nella trappola (mai abbastanza menzionata come prezioso monito) del “dietro liceo, davanti museo”.  
Nipotino sei una manna dal cielo, penso mentre entro da Balzer ben decisa a trasformare nel mio pranzo quattro (4) krapfen ( niente marmellata, tutti alla crema).
 I primi quattro krapfen di una lunga serie di delizie carnevalesche che mi concederò, alla faccia della bilancia.
Tutta per colpa (o merito?) di Bambino in arrivo.
Mi  domando se ho già perso il senno. O magari, se una volta tanto, ne sto usando un po’.  

lunedì 24 gennaio 2011

ACRONIMO SCACCIALACRIME

Matrimonio si farà e chissenefrega di chi penserà che sia del tipo riparatore.  Il guaio è che  a qualcuno frega moltissimo  e questo qualcuno è la madre di Aspirante Genero, ossia la suocera di Figlia. Di statura modesta ma di spirito indomito e con una lingua tagliente come la sciabola di Kevin Costner in versione Body Guard, è stata ribattezzata Snella da Aspirante Genero il quale, in un momento di superba creatività, ha anteposto una “esse” al suo vero nome,  per descriverne la silhouette  rotondetta attraverso un paradosso linguistico. La Snella è donna tutta d’un pezzo, in quanto cattolica osservante.
<<Bianco non è possibile>>, ha detto a Figlia con tono salottiero (per addolcir la pillola), quasi le stesse suggerendo di scegliere il te verde invece del caffè. Invece parlava del colore dell’abito da sposa (da mo’ già scelto, adattato, acquistato): Figlia a suo avviso non è un’ avente diritto per via di alcuni dettagli di natura ostetrica.
<<E tu cosa hai risposto?>>,  ho chiesto a Figlia che poco dopo mi ha telefonato per mettermi al corrente dell’obiezione suoceresca.
<<Mi sono messa piangere…>>
<<COSA?>>
<<Sì, ma di rabbia non di magone>>
<<Già meglio. E poi?>>
<<Poi niente. Ma’, le cambiamo nome?>>
<<OK…ci penso…>>, ho assicurato, ma lei incalzava:
<<Serpe ienesca?>>
<<Troppo esplicito>>
<<Aspide velenosa?>>
<<Fa antico Egitto>>
<<Orrida suocera?>>
<<Scontato>>
<<Carrie sguardo di Satana?>>
<<Mmmm…preferirei più laico. Direi G.A., pronuncia all’inglese…spelling delle due lettere: Gej Ar – grandissima idea -  sembra quello del telefilm ma sta per GARRULA ASPIDE>>
<<Ma’, questo è perfetto>>
 Poi ride e io tiro un sospiro di sollievo perché ho davvero paura che a Bambino non faccia bene che sua mamma pianga.  

LO STRANO CASO DELLE VOGLIE (E UNA RICETTA)

Indagate, sezionate, esaminate alla luce di tutte le conoscenze scientifiche acquisite da Ippocrate ad Antinori,  le voglie hanno perso il loro mistero e, quindi, il loro fascino. Oggi si sa cosa sono e perché compaiono. Si sa, soprattutto, che dicendo “Scusa adesso no” a una futura mamma che, all’una di una notte di gennaio, chiede del cocco fresco (reperibile comunque all’Esselunga in orario di apertura) non la si condanna a partorire un figlio con chiazza marroncina e pelosetta sulla fronte (o sulla schiena). Questo in teoria. In pratica, il dubbio resta, ergo è difficile sottrarsi alle richieste di  una figlia incinta (diventata inappetente), quando finalmente manifesta il desiderio di una certa sfiziosità.
<<Mamma, mi fai il flan?>>, invoca Figlia al telefono.
<<Ma come ti è venuto in mente?>>
<<Così: le voglie credo>>
<<Le voglie? Ho da consegnare 800 cose (al prezzo di una, così è la crisi)… MORS TUA VITA MEA>>
<<Mors mea? Echissei? Claudia Procula? Fosse poi per me…Ma non ci pensi a Bambino?>>
<<CHECCENTRA BAMBINO?>>
<<C’entra, c’entra: le voglie ci entrano con Bambino>>.
Per non rischiare di avere un nipotino maculato (già me lo figuro all'asilo, chiamato da coetanei crudeli  “Centouno” – i dalmata, presente? –)  comincio a cercare la ricetta.  
La trovo (la allego qui sotto, mezza stella di difficoltà, risultato eccellente), metto assieme gli ingredienti e procedo.
Poco dopo la casa si riempie di un odore di latte, di vaniglia e d’infanzia.
                                    Ricetta del flan
(le dosi sono per: 8 future mamme; 14 amiche a dieta; un futuro nonno putativo  taglia XXXXL)
Ingredienti:  250 grammi di farina, 200 grammi di zucchero, un litro di latte fresco intero, quattro uova; 40 grammi di pinoli, 10 prugne secche senza nocciolo, due fialette di aroma alla vaniglia.
Preparazione: Versare in una terrina le uova, lo zucchero, la farina, il latte, la vaniglia e poi sbattere tutto con una frusta elettrica, senza spazientirsi prima di aver ottenuto un composto omogeneo di consistenza liquida. Imburrare leggermente una teglia antiaderente, versare il composto, gettare a pioggia i pinoli e aggiungere in ordine sparso le prugne. Infilare nel forno precedentemente portato a 200 gradi e lasciato acceso sempre sui 200 gradi. Far cuocere per 45-55 minuti a seconda dell’efficienza del forno (la parte superiore deve apparire dorata). Lasciare raffreddare almeno per due ore: il flan è sfacciatamente squisito solo se gustato a temperatura ambiente. In caso di voglia urgente si può comunque mangiare tiepido (rinunciando alla sua perfezione).



sabato 22 gennaio 2011

GATTO, OBBEDISCI!

<<Se entro il dieci scatta il verde tutto andrà bene>>.
Erano secoli che non scommettevo più col destino per estorcergli anticipazioni. A un certo punto ho smesso e forse non avevo più di nove anni. Da quando, la sera della vigilia di natale, ho ricevuto in dono la notizia dell’arrivo di Bambino, mi scopro con sorpresa a interrogare semafori, lampioni, autobus, targhe delle auto (…se la somma dei numeri è pari è un maschio).
Sarà già l’Alzheimer che, indesiderata macchina del tempo,  ti ributta nell’infanzia senza aspettare il consenso?
Infondo ci sta anche: sono una nonna. Sia pure tecnologica; sia pure con meno anni della puerpera del rock; sia pure da lontano - diciamo 30 metri - gnocca 7 in una scala da 0 a 14, sempre di un’ava si sta parlando.  
<<Ma per favore, lascia le diagnosi a chi fa il dottore…Sappiamo bene che sei fuori di tuo, dalla nascita diciamo…>>, mi rassicura l’amico neurologo.
E’ bravo, è bello,  ha la mia età e una moglie coetanea di mia figlia: possiede tutti i requisiti per essere affidabile, quindi mi fido.
Così mentre cammino scaccio le ipotesi funeste e ridacchio tra me e me, pensando che lui, il neurologo fico, a 50 anni circa sta cercando un figlio con la sua nuova sposa (forse la terza): marò chi.glielo.fa.fa’.
Chi gli darà l’energia per affrontare la lunga sequenza di eventi/avvenimenti/circostanze/sacramenti/svezzamenti/addormentamenti correlati all’arrivo di un bebè in proprio?
Dove troverà, più avanti, la forza per gli estenuanti “Non ancora” che rappresentano la naturale risposta all’inquietante interrogativo “Hai fatto i compiti?” 
E dalla questione “motorino sì-motorino no” come ne ramperà fuori così lontano come sarà dal vigore della giovinezza?  
Ridacchio e mi sento lieve lieve: di Bambino –da 0 a tot anni - a me toccherà solo il bello (lo spudoratamente bello).
Accelero il passo, in preda a un’euforia sottile: davanti a me un grosso gatto cammina lemme lemme, facendo ondeggiare la coda. E’ grigio a strisce d’oro.
<<Se si girerà ce la farò a vederlo Bambino nuovo. Non mi accadrà niente, niente di niente………………. VOLTATI GATTO!>>

venerdì 21 gennaio 2011

PROGETTI D’AMORE, ORSI E CERTEZZE

Me lo chiedo mentre cammino la mattina presto con il mio cane e con quello di mio figlio, che mi ha selezionato come dog-sitter a tempo pieno. Me lo chiedo mentre litigo con l’aspirante Nonno Putativo che vuole comprare una culla rosa prima ancora di sapere, perché ha sognato che è una Bambina, mentre io, più per una generica scaramanzia che per miope scetticismo, tendo a dubitare delle fonti oniriche. Me lo chiedo  mentre pedalo in bicicletta verso Calzedonia alla ricerca di un collant di pizzo in saldo da mettere al Matrimonio (che forse si farà o forse no, ma per prudenza meglio attrezzarsi in epoca di sconti).  
Chi sarò io esattamente per Bambino? Che intensità di affetto, in una scala da 1 a 100, ci legherà?  So già, per sentito dire, che  potrò viziarlo in  modo spudorato. Certo è che dovrò anche volonterosamente obbedire alle regole che imporranno Figlia e Genero, stando ben attenta a non far traballare i loro paletti educativi (che spero saranno poco numerosi), ma qui finisce. Potremo strafogarci di cartoni animati (…fai una fischiatina….fai una fischiatina…, che ci posso fare? ho nostalgia di questo motivetto, colla pura per il cervello).
Potrò leggergli all’infinito la fiaba (una sola, sempre quella) che piaceva a sua madre. Potrò godermi ancora un paio d’occhi che si fanno luccichini al pensiero del natale.
Come saremo io e lui insieme?
<<Culo e camicia>>, mi assicura aspirante Nonno Putativo col suo pericoloso dono di leggere nel pensiero. <<Ecco cosa sarete>>.
Sollevata ritengo a questo punto che sia scoccata l’ora di acquistare per Bambino l’Orso. L’Orso della notte, utile per scivolare nel sonno, per consolarsi della lontananza della mamma, per sentirsi a casa solo a tastargli una zampa. Voglio un orso marroncino, con  occhi a crocetta e pelo già, per sua intrinseca natura, un pochino spelacchiato. Voglio un Orso povero e gentile, senza vestiti e senza spocchia.
<<Andiamo dai, ne ho visto uno che fa al caso nostro>>, dice aspirante Nonno Putativo.
Così ci avviamo nel gelo del mattino col cuore in gola per l’eccitazione: se si va a prendere l’Orso significa che l’arrivo di Bambino, che ancora ci pare un sogno, una chimera, un’impossibile utopia, una fortuna che non potrebbe mai toccare a noi (tipo super Enalotto), è invece una certezza.
   

giovedì 20 gennaio 2011

TELEFONATE, TRABOCCHETTI E GINECOLOGI SCAFATI

Oggi ho chiamato Lui, il mio carissimo amico ginecologo. Per essere sicura di non disturbarlo (o meglio, per avere la certezza che mi avrebbe dedicato un po’ di tempo e di attenzione) mi sono fatta precedere da un sms: “Ti posso tel?”.
Ho aspettato col cuore in gola e dopo pochissimo è arrivato il suo “sì”, rigorosamente con l' accento, segno inequivocabile della sua disapprovazione nei confronti della sciatteria grammaticale che dilaga negli short message service.
Ho composto il suo numero alla velocità della luce, grazie alla funzione "chiama" e subito dopo ho sentito la sua voce calda e rassicurante, una voce che gli avrebbe fatto vincere qualsiasi concorso per annunciatore radiofonico:
<<Ciao ragazza nonna…>>
<<Ciao ginecologo-preferito-da-tutte-le-donne-della-famiglia-da-zero-a-novantanove-anni!>>
<<Dimmi, di che hai bisogno?>>
<<Di niente, perché? Ci si deve sempre sentire solo se c’è bisogno? Guarda che ti si può chiamare anche se non c’è all’orizzonte il pap test. Anche se a nessuno serve il clomid o jasmine. Ti si può chiamare così, per salutarti, per sapere come stai>>
<<E quando mai….E’ un anno esatto che non ti fai viva…>>
<<Sì, però ti penso. E poi non chiamo perché so che sei impegnato. Non voglio incasinarti ulteriormente>>
<<Che pensiero gentile…Che squisita sensibilità>>
<<……………….>>
<<Be', se le cose stanno così,  grazie per esserti ricordata di me…>>
<<Figurati…E poi sai, ieri ho visto la Marinella che mi ha detto di aver visto la Serena che le ha detto di averti incontrato in stazione. Ha sparso la voce che sei una meraviglia. Ringiovanito di 20 anni, dimagrito, abbronzato…>>
<<Ah sì?>>
<<…Già…E senti, a tua nuora quanto manca?>>
<<Tre mesi…>>
<<A mia figlia ancora sette vite…Però Bambino si è già visto bene…vero? VERO?>>
<<Sì abbastanza bene…>>
<<E….>>
<<E niente, per il sesso è ancora presto, ma anche se fosse tardi non te lo potrei dire. La privacy, hai presente? Hai fatto una telefonata a vuoto, approfittane almeno per fissare il tuo controllo>>
<<Telefonata a vuoto? Ma sei maligno, si sa a furia di vivere in un gineceo. Son qui per salutarti>>
<<Se ciao. CIAO>>
<<Be’ allora sai checcè? Ti prego, ti supplico…ti ho sempre amato, più della Marinella, più della Serena, ti ho sempre trovato affascianante, ti pregooooo amico miooo, unico faro nella notte, un piccolo indizio niente di piùùù. Dimmi una solissima cosa: la compro rosa o azzurra la prima tutina?>>
Ma Lui, che aveva già mangiato la foglia fin dal primo "ciao", ha chiuso la comunicazione, lasciandomi nel dubbio che  di mestiere vero faccia il sensitivo. Forse la professione di ginecologo la svolge solo per copertura.     

martedì 18 gennaio 2011

QUEL CHE SI DICE PORTARSI AVANTI

Prima di sapere una certa intenzione di mia figlia, del sesso di Bambino m’importava assai poco. Un nipotino è un nipotino e mai e poi mai mi sarebbe passato per la testa di tenergli il muso per una questione di genere, su cui oltretutto solo il fato  può mettere lo zampino. In queste prime settimane di nonnità me lo sono figurato maschio e poi femmina, poi ancora maschio, quindi femmina: in ciascuna versione era comunque superlativo per bellezza, intelligenza, abilità, grazia, simpatia, salute e intuito. Niente dà più soddisfazione di un nipotino, sia pure per il momento ancora immaginario.
Adesso, però, qualcosa è cambiato: ieri Figlia mi ha chiesto asilo per l’intervallo pranzo (“Hai per caso insalata, tonno, un uovo sodo, un panino, un cornetto Algida? Se sì, arrivo all’una e trenta e ho 15 minuti”) e mentre si gustava il favoloso dessert da 230 calorie, augurandosi di trovare nel cono di biscotto il più grosso pezzo di cioccolato nero che mai consumatore ebbe da vedere durante la sua vita terrena, mi ha detto:
<<Se è femmina lo chiamo come te>>
<<……………………………..>>
<<Checcè, non sei contenta?>>
<<Ehi calma, non è una notizietta qualsiasi, è un assaggio di immortalità. Ma ci pensi??? CI PENSI????? Un donnino in giro bello come sette soli che si chiama come me? Che tutte le mie amiche mi diranno: come si chiama questa ottava meraviglia e io dirò SI CHIAMA COME ME!!!.............................................
WOWWWWW….. WOOWWWWWW……. …UHHHHHHHHHHH…..YUUUUUUUUU….WOWWWW….EVVAI!!!!!!!!!!!!!!!!.....................................>>
<<Mamma? Mamma respira….>>
<<UMFFFF…FUUUUUUU…UMMMFFFF….FUUUU……UMF…
Ma spiegami perché? Qui gatta ci cova…conosco i mie polli…puzza di bruciato….>>
<<Perché voglio iniziare una tradizione, quella di passare il nome della nonna alla prima nipotina, così mia figlia chiamerà sua figlia come me…>>
<<Porca l’oca>>
<<CHE?>>
<<Porca l’oca…>>
<<Si scrive tutto attaccato?>>
<<No, con l’apostrofo: elle apostrofo oca>>
<<Ah, sai che non lo sapevo? Che ne dici di ‘sta faccenda del nome, ma’?>>
<<Che vuoi che dica? Speriamo che sia femmina>>.
Certe volte sono più che prevedibile, direi di una banalità imbarazzante.

lunedì 17 gennaio 2011

IL TURNO NAUSEA

Mia figlia ha nausea solo di domenica, sempre che non debba lavorare. Con cautela le ho suggerito che potrebbe trattarsi di un disturbo psicosomatico, che non c’entra con la classica nausea dei primi mesi. Se ciao.  Figlia vuole che la sua nausea sia di natura tradizionale e quindi dice che di questo si tratta. Non le importa niente se compare solo ed esclusivamente nel suo (poco) tempo libero.
<<Ma non vedi che è peggio di un turno? Ti tocca una domenica sì e una no, solo in quella in cui non sei impegnata. Boh…>>.
<<Ma per favore…>>
<<Puoi chiedere a Lui (sottinteso, l’amico ginecologo), per piacere, per mia curiosità, giusto per sentire un parere…>>
<<Mamma, senti, adesso lo disturbo per la nausea, non scherziamo…Ci vediamo a pranzo>>. Clic.
E pranzo domenicale sia. Figlia e aspirante Genero all’una in punto suonano alla porta: io ho preparato riso al limone, filetti di platessa al vapore, mele cotte con cannella (ottima spezia antinausea).  
<<Che si mangia?<<, s’informa Figlia pallida come uno straccio passato in candeggina.
<<Riso-al-limone-platessa-al-vapore-mele-cotte>>, recito congratulandomi tra me e me per la scelta felice.
yeah, yeah Gloria ai tempi d'oro...ma è una vecchia stooria...yeah...
La voce di Zucchero esce dal cellulare di Figlia annunciando che:
a) E' un peccato morire (tutti d'accordo, specialmente adesso) 
b) Qualcuno le vuole parlare. 
Lei cerca il telefonino (gustandosi la suoneria) e lo trova, poi stoicamente rinuncia a sentire un altro pezzo di canzone per rispondere, quindi ascolta, annuisce, rassicura, assicura e torna tra noi.
<<Riso al limone…platessa? Ma che nausea…>>
<<Appunto, con questo menu vai a posto…>>
<<No, dico, non è avanzato del salmone? Posso farmi due crostini?>> Poi apre il frigo e sospira di sollievo: il burro salato c’è.
<<Mamma non ti offendere devo mangiare in fretta, perché devo correre a sostituire Mara. Un imprevisto: le è venuta la febbre, non je la fa. E dai, scusa anche tu, aspirante Genero di mia madre, ma non potevo dire di no>>.  
Comincia a mangiare, così, in piedi, mentre il colore le torna sulle guance. Aspirante Genero garantisce che il riso al limone e la platessa se li mangerà lui a scopo disintossicante.
Figlia saluta gli astanti dopo una manciata di minuti: <<Ma come ti senti, adesso?>>, chiedo pro-forma, perché anche un cieco capirebbe che sprizza benessere da tutti i pori e la nausea non sa più che cosa sia.
<<Bene, bene. Buon tutto a tutti, a stasera>>.
Dal turno nausea questa domenica Figlia ha smontato presto.

domenica 16 gennaio 2011

DI GINECOLOGI E LEGUMI

Il primo controllo si è svolto tre settimane dopo la sera dell’annuncio ufficiale in rima.  Il ginecologo era naturalmente Lui, il più gettonato della città (e forse della regione), il più tranquillizzante medico del mondo, fornito del più avvenieristico apparecchio per ecografie dell’universo, nonché nostro storico amico (e responsabile della nascita di numerosi ex bambini della famiglia, tra cui uno mio).   Anche lui è in dirittura nonno e senza un minimo di pudica esitazione è stato scelto per seguire la gravidanza della nuora, la quale in accordo con il marito ha deciso di non sapere il sesso del bambino fino al parto. Ma non solo: hanno invitato il nonno-ginecologo a non guardare il sesso durante l’ecografia, ma di limitarsi a indagare su organi e apparati che non svelano nulla sull’appartenenza di genere.  Così il poveretto, che appena butta l’occhio sull’immagine ecografica di un feto capisce che cos'è, deve far finta prima di non vedere e poi di non sapere. Nuora e figlio su questo punto sono irremovibili: loro non sanno, ci mancherebbe altro che sapesse il nonno. (Ma il nonno sa e l’altro giorno l’ho cuccato da Foot Locker che comprava, così per buon auspicio, un paio di Nike taglia 00. Il colore non lo posso dire, ma era inequivocabile).
Bene: Figlia è andata al controllo con aspirante Genero e Lui le ha fatto la prima ecografia. Così abbiamo saputo che Bambino si è attaccato con tenacia, ha per cuore una lucina che pulsa con vigore,  non nascerà prima di fine agosto. Figlia è passata da me dopo la visita. Mi ha dato una polaroid in bianco e nero dove spiccava nitidamente una nebbia grigiastra mescolata a sabbia nera. Due crocette invisibili a occhio nudo (ma identificabili con gli occhiali da lettura) delimitavano un piccolo lombrico chiaro, un fagiolo accidentalmente sgusciato fuori dal bacello. E così l’ho visto per la prima volta: ciao nipotino nuovo, sei già il più bello di tutti, tale e quale a tua mamma.        

sabato 15 gennaio 2011

SUL MATRIMONIO RIPARATORE

Figlia e aspirante Genero hanno fissato la data del loro matrimonio da un pezzo e se questo non bastasse convivono già da un paio d’anni. Ma non si può mai stare tranquilli un attimo.
<<Non possiamo più sposarci>>, ha detto Figlia.
<<Perché?>>
<<Perché sono incinta>>
<<E allora? Manca un mese alla data, non si vedrà niente, non dovrai farlo allargare il vestito>>
<<Non è questo>>
<<E cosa allora?>>
<<La gente penserebbe che è un matrimonio riparatore>>
<<Ma che dici? Ma se è un anno che ammorbi tutti con ‘ste nozze e sei incinta da circa 25 minuti…>>
<<Fa niente, è il principio. Ormai sono incinta e se mi sposassi tutti penserebbero: ecco si sposa perché  aspetta un bambino>>
<<Ma anche fosse che ti frega? Ma quando mai…>>
<<Va be’, vedrò>>
<<Ma vedrai cosa? COSA? COSAAA?>>
<<Mamma, non mettermi in ansia. Fa male al bambino>>
<<N.O.N M.E.T.T.E.R.L.A I.N A.N.S.I.A. Fa male al bambino>>
<<E tu dov’eri?>> Dietro la porta a origliare, manco a dirlo. Dalla sera della vigilia di natale, da quando abbiamo saputo di Bambino, il futuro Nonno Putativo si comporta in modo strano.
<<Se non si sposa quando nasce Bambino potrebbe venire a stare con noi, per i primi diciamo sei mesi, poi si vedrà…Le possiamo dare lo studio e un pezzo del mio armadio. Se pigliamo una scrivania più piccola ci starà perfetta la culla. Per il matrimonio si vedrà poi, alla faccia di quelle vipere. Di quelle iene. Iene e vipere linguacciute. Veleno puro al posto della saliva. Ha ragione meglio non dargli soddisfazione>>.
Siamo al delirio. La situazione sta sfuggendo al controllo.
Futuro Nonno Putativo armato di metro corre a modificare idealmente lo studio (il mio) per trasformarlo in un’accogliente camera-nursery.  Figlia mi saluta come se niente fosse e va verso il suo vorticoso destino quotidiano, in cui ogni singolo minuto di ogni singola ora viene minuziosamente programmato.
Il matrimonio è fissato tra meno di un mese: salterà o non salterà? Novella Amleto me lo chiedo e richiedo, mentre Futuro Nonno putativo gongola all’idea di catturare Bambino nuovo e di tenercelo in casa (corredato di mamma).    


venerdì 14 gennaio 2011

COSI' HO SAPUTO

<<…e così questo natale porta un dono un po’ speciale: non frugare nel cassetto, non cercare sotto il letto, non pensare al sotto tetto…Dai mammina sei astuta: per la cena sono in tuta! Niente pantaloni fichi, niente tacco da sciantosa, ma non è una brutta cosa…nella pancia ci ho un bambino: beccati ‘sto primo nipotino>>.
L’ho saputo così, la sera della vigilia di natale, da un biglietto appoggiato sul mio piatto bianco che spiccava sulla tovaglia rossa. Azz..<<Brindiamo suocera?>> ha detto l’aspirante Genero.
Piano con le parole.
<<Sei contenta, mamma?>> ha detto l’aspirante Puerpera.
E che ne so? Le nonne sono quelle dentro gli articoli sui vecchi rimedi, avete presente?: “le nostre nonne credevano che uno spicchio d’aglio al collo tenesse lontani i vermi. Oggi si sa che ci vuol altro…”
Le nonne sono quelle che non attizzano nessun uomo, dall’Irlanda a Timbuctù.
Le nonne sono quelle che se si mettono i jeans fanno dietro liceo davanti museo. Le nonne non hanno la mia età, appena appena passati i 50, le nonne hanno fatto le elementari quando i sumeri contavano ancora qualcosa.  
Altro non mi veniva in mente, ma uno straccio di discorsetto significativo era d’obbligo. Da me se lo attendevano, oltretutto era pure il 24 dicembre (data in cui l’aspettativa della famiglia rispetto a frasi pregnanti diventa più alta della media annuale). Così ho detto, per non deludere nessuno:
<<Li mortè>>.
E l’aspirante Genero di rimando: <<Ma non eri padovana?>>