UNA PER UNO

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babbucce

martedì 29 dicembre 2015

CHE TIPO DI NIPOTINO 3


<<Nonna? Tra pochi giorni compio 5 anni?>>

<<Eh no, ce ne vogliono tanti di giorni per i 5 anni: il tuo compleanno è stato pochissimo tempo fa!>>

<<E quanto ci vorrebbe per un compleanno?>>

<<Un anno. Gli anni si compiono una volta all’anno. Tu ne hai appena compiuti 4. Sono passati esattamente tre mesi e 18 giorni dal tuo compleanno>>

<<Nonna? Qual è il numero più grande di tutti?>>

<<Ehm, dunque, non esiste perché i numeri sono infiniti>>

<<Cosa è infiniti?>>

<<Aheem  … auc … ehm .. Che non hanno fine, che si può andare avanti a contare ancora e ancora e ancora e ancora – aiutami a dire ancora – ma per quanti ancora conterai ci sarà sempre un altro ancora>>

<<Nonna, ma io mi stanco ad aspettare ogni giorno il mio compleanno perché me non mi piace averci quattro anni, sono pochini>>

<<E cosa ti piacerebbe avere?>>

<<Cinque anni! Cinque anni, nonna!>>

<<Perché>>

<<PeRRché il 5 viene dopo il 4: 4, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 13, 18 … no speta, 11, 12, 13, 14, 18 …>>

<<Ma per fare cosa vuoi avere 5 anni, Nipotino?>>

<<Mmmmm non so, non li ho mai avuti! E poi la sai una cosa?>>

<<Cosa?>>

<<Lo sai che nella pancia della mia mamma c’è un fratellino?>>

<<………………………… ………………….       Ma sei sicuro?>>

<<SicuRRRissimo me lo ha detto la mia mamma!>>

<<Ma sai che è una notizia bellissima?  Diventi fratellino maggiore! Vedi che anche a quattro anni si possono fare grandi cose? Appena arriva il Nonnone dovrai dirlo anche a lui!>>

………………………………………………………………………………………….

<<Ecco il Nonnone! Cosa gli devi dire, Nipotino?>>

<<Ciao, Nonnone! Ho un berretto nuovo con la ragnatela di Spiderman!!!>>

<<Poi me lo fai vedere, ok?>>

<<OK!>>

<<Nipotino, che altro devi dire a Nonnone? Ti ricordi? La notiziona…>>

<<E’ uscito l’album di Masha e l’Orso, l’ho visto in tivu! Me lo compri Nonnone?>>

<<Nipotino, pietà, qual è la notiziona meravigliosa che mi hai detto prima e che dobbiamo dire anche al Nonnone?>>

<<Che stasera mangio qui!>>

 

 

 

 

 

venerdì 25 dicembre 2015

QUANDO SI DICE AZZECCARE UN REGALO



Ha  voluto spegnere tutte le luci, comprese quelle fioche e tremolanti della candele. Poi ha iniziato a saltare, in rotazione del busto che neanche Nando Orfei, perché altrimenti lo spettacolo sarebbe stato solo a nostro beneficio e lui se lo sarebbe perso.  Ha danzato, calpestato, fatto piroette, pressando a terra prima un piede, dopo l’altro piede, poi tutti e due insieme, senza mai perdere di vista l’effetto che tale meraviglia pirotecnica produceva su di noi. Quindi si è messo davanti all’unico specchio della mia casa, uno specchio lungo, striminzito e con sagoma curvilinea – chi non ha comprato una simile scomodità all’Ikea scagli la prima pietra – e ha compiuto mille acrobazie per monitorare e possibilmente registrare nella memoria i virtuosismi luccicanti che si verificavano in risposta a ogni suo sgambetto.

Mai nella mia vita ho azzeccato un dono in maniera così superba, completa, priva di sbavature come è accaduto con le scarpe che si illuminano che, in collaborazione con Nonno Putativo, ho regalato a Nipotino per Natale.        

 



 

venerdì 11 dicembre 2015

NOTTE DI SANTA LUCIA


C’è stato un tempo, tanto tempo fa, in cui anch’io avevo un bambino biondo e una bambina con una lunga treccia e il naso all’insù. E in quel tempo di tanto tanto tempo fa nella nostra casa di allora, la casa dei bambini piccoli e del fedele Milo (che ci avrebbe lasciato moltissimi anni dopo, al di là di ogni ragionevole previsione, povero vecchione a cui piaceva stare al mondo), i due ragazzi che eravamo io e Nonno Bio la sera del 12 dicembre preparavano tutto per l’arrivo della Santa Lucia e del suo asinello.
Figlio, il mio bambino, disponeva su un piattino d’oro i biscotti di cui, giurava, la santa era ghiotta; Figlia, la mia bambina, provvedeva a versare in una scodella il latte fresco con una cucchiaiata di cacao zuccherato per l’animale, l’unico asino di questo e di quell’altro mondo che ne gradiva il sapore e soprattutto riusciva a bere da una scodella.  Lui aggiungeva quindi un mandarino, che non si sa mai la santa avesse molta fame, infine correva in giardino e accanto alla scodella con latte e cioccolato poneva una dozzina di fili d’erba ingialliti e strappati al terriccio ghiacciato. Un po’ sembravano fieno, la morte sua con latte e cioccolato, per quella buona forchetta dell’asinello di santa Lucia.

Poi li accompagnavamo nei loro lettini, rincalzavamo le coperte e loro chiudevano gli occhi, strizzandoli per essere sicuri che non si riaprissero: sapevano bene che si sarebbero dovuti addormentare in fretta, guai se la santa li avesse trovati svegli, se ne sarebbe andata senza lasciare i doni, sorda perfino al richiamo di tutte le ghiottonerie apparecchiate per lei.

Restavamo un poco sulla porta, lui da lei, io da lui, guardando i loro visetti assorti e fiduciosi rischiarati  appena dalla lucina della notte. Io respiravo il loro odore di bambini piccoli senza alcun presagio di malinconia e di rimpianto: erano lì, erano miei e lo sarebbero stati ancora per così tanto da farne indigestione, povera illusa.

Poi in punta di piedi tornavamo nella stanza dove c’erano l’albero e il presepe e il tavolo imbandito per santa Lucia.

Piano piano tiravamo fuori i pacchi tenuti nascosti negli scaffali alti degli armadi, dove i bambini mai li avrebbero potuti trovare, e li disponevamo esattamente come avrebbe fatto santa Lucia in persona, per non far nascere sospetti. Da una parte quelli di lei, dall’altra quelli di lui e per terra, insieme per tutti e due, gli zuccherini dalla carta colorata, i classici, quelli della santa Lucia appunto, più tutta una serie di dolcetti da bambini: il carbone e il formaggio di zucchero, le sigarette di chewing gum, le bananine di cioccolata, i marshmallow rosa e bianchi, gli omini di zenzero, i lecca lecca Babbo Natale.  E con questi dolcetti facevamo una specie di sentiero da cui si potesse dedurre che fossero caduti accidentalmente a terra durante il passaggio dell’asino, che li portava nelle gerle legate alla groppa.

E verso le cinque del mattino, il mattino del 13 dicembre, venivamo svegliati da piedini impazienti che volevano andare a vedere se santa Lucia era arrivata.

Li prendevamo per mano, io lui, lui lei, tiepidi di sonno, con gli occhi luccicanti di eccitazione e piano piano ci affacciavamo nella stanza dell’albero e del presepe.

E sì, che fortuna, santa Lucia era arrivata e aveva anche gradito i biscotti e il mandarino: nel piatto d’oro c’erano solo briciole e bucce. L’asino aveva bevuto il latte con il cacao e gustato parte dell’erba ingiallita: ne aveva lasciato sul tavolo circa la metà. E per terra c'erano pacchi e dolcetti e le luci dell'albero e del presepio erano tutte accese.

Solo un attimo, un attimo in cui tutto sembrava fermarsi, poi i bambini correvano ad aprire i doni con gli occhi stellati e vocine allegre da passeri.

Ma in quell’attimo in cui tutto era fermo e si poteva quasi sentire il cuore dei bambini battere forte per l’emozione avrei giurato in tribunale, davanti alla più agguerrita delle giurie, che era stata davvero la santa Lucia – e non noi – a mettere i doni e i dolcetti e anche a mangiarsi con gusto i biscotti e il mandarino.

 

 

martedì 8 dicembre 2015

ERMENEUTICA

Nel linguaggio di Nipotino, Figlia è rappresentata a vari livelli di mammità.

E’ “la mia mamma Valentina” quando ne ha nostalgia e quindi a voce alta ne ricorda le azioni, i gesti, le parole. “La mia mamma Valentina ha disegnato con me”, “La mia mamma Valentina mi ha detto che sono pRRopRRio bello”

E’ “mia mamma” di sera, durante il tragitto in auto verso casa sua, quando manca poco al momento in cui la rivedrà dopo tante ore passate tra asilo e casa dei nonni. “Mia mamma è a casa che mi aspetta”  “Quando aRRivo a casa dormo con mia mamma”

Ma quando ripassa i suoi divieti e i suoi precetti (oggi niente I-pad, non farti imboccare dalla nonna, in bagno devi andarci da solo) Figlia è semplicemente “LEI”. “LEI ha detto niente televisione!”

LEI: la massima autorità del cosmo, la detentrice della Legge e della Verità, LEI.  I suoi imperativi sono categorici. Le sue dritte che non si discutono. LEI. E io mi chiedo, tra lo stupore  e l’ammirazione (più qualche grammo di purissima invidia), in che modo Figlia ci sia riuscita a raggiungere questo terzo livello di mammità,  una chimera per noi nati dieci anni dopo quelli che hanno fatto il Sessantotto.  

 

 

venerdì 4 dicembre 2015

TRADUZIONE LETTERALE


<<Nonna mi dai un po’ di Nutella?>>

<<Va bene>>

<<La mangio da solo!>>

<<Senza sporcare te stesso, il divano, i muri di casa, il pavimento, la giacca del nonno, il telecomando, lo schermo di Tv, cellulari, pc, tutti i libri di casa, compresi quelli negli scaffali più alti?>> (sì perché la Nutella ha l’alchemica proprietà di spantegarsi ovunque: 20 grammi possono coprire fino a 100 metri quadrati di superfici, tra mobili, soprammobili, esseri umani, indumenti)

<<SenSa, nonna, sensa. STO ATTENTO!>>

<<Eccola qui>>

<<Mmmm è buona, mi piacce un SSSACCO, ploplio buona mmmmm: posso portarla a casa al mio papà Michele e alla mia mamma Valentina?>>

<<Non ti va più?>>

<<No, mi va: è che IO LO BASTO, nonna!>>

<<Vuoi dire che per adesso basta così?>>

<<EHHH NO!>>

<<Cosa allora?>>

<<Vuole dire che ne ho mangiata abbastanza ANCHE PER DOPO>>

sabato 28 novembre 2015

DI SEQUENZE TEMPORALI E USO DEL CONDIZIONALE

 
<<Mi scappa la pipì>>

<<Andiamo, ti accompagno>>

<<Plima mi devo lavare le mani>>

<<Non sono sporche, Nipotino, basta lavarle DOPO>>

<<Il mio papà mi ha detto che si devono lavare plima!>>

<<A va bene, in questo caso ... (ubi maior …)>>

……………………………………………………………………………….

<<Finito FINITO!!!>>

<<Bravissimo, adesso (ri)laviamo le manine>>

<<Ma le ho già lavate! Sono pulite. PULITISSSSIME>>

<<Nipotino…le manine si devono lavare DOPO aver fatto pipì. DOPO>>

<<Ma il mio papà mi ha detto PLIMA>>

<<Nipotino? Questa è una novità! Da quando abbiamo chiuso con il pannolino, io la tua Unica e Sola Nonna, ché l’altra veglia su di te, ma non ti può insegnare nulla (e mi dispiace così tanto, mai ci avrei creduto),  ti ho indicato la procedura esatta, step by step. Pipì e DOPO lavaggio delle mani.>>

<<Ma adesso il papà mi ha detto plima. PLIMA!>>

<<Nipotino, facciamo così: poiché bisogna sempre ascoltare il papà (Montessori, il tuo spirito è in me!), ma anche la nonna non è che dica proprio solo cazz … ahem stupidaggini facciamo così: in caso di pipì le mani si lavano prima e dopo>>

<<MA NO! NOOOOOOOOOO, così sarebbero troppo pulite!>>

Sarebbero troppo pulite.

 

giovedì 26 novembre 2015

INIZIATIVA MOZZAFIATO (FIATO DEI NONNI, EH)


<<Riso all’olio e parmigiano?>>

<<Bleah>>

<<Ciccia ai ferri?>>

<<Naaaaaaaaaaaaaaaa>>

<<Tortellini con ricotta?>>

<<Schif…schif…E poi non ho PLOPLIO fame>>

Io e Nonno Putativo ci guardiamo e parliamo con la telepatia: Sono le sette e trenta e siamo qui al centro commerciale … Quello che c’è a casa da mangiare gli fa schif-bleah e naaaaaaa …Povero piccino tutto casa e asilo, riso in bianco e pasta rossa …   

<<Vuoi che ceniamo Dove Mai Al Mondo Nessun Bambino Dovrebbe Mangiare?>>

<<Sì sì sì sì sì sì: da Mc Donald!!! HO PLOPLIO FAME>> (quando si dice i misteri dell’appetito)

Gli diciamo ok all’unisono e la sua felicità per quel niente che gli abbiamo proposto ci dà euforia e magone insieme (per quanti anni ancora sarà così?  Andatevene pensieri molesti!).

Nonno Putativo al bancone ordina la cena di Nipotino, su sua precisa indicazione: PEL me hamburger, patatine fritte e marmellata gialla (e chi mai avrà il coraggio di dirgli di chiamarla maionese? Noi no di certo).

<<Ehi Nipotino, nel menù bambini c’è anche la frutta oppure lo yogurt,
quale vuoi dei due?>>

<<NESSUNO!>>

Ovvio, qualsiasi alimento anche solo vagamente salutare gli guasterebbe la soddisfazione di quella cena imprevista, che è poi l'unico tipo di imprevisto che, metodico e abitudinario com'è, trova di suo gradimento. E allora io, grazie a un innato talento educativo che farebbero impallidire d’invidia Maria Montessori, gli dico prontamente che va bene, che per stasera potrà mangiare solo quello che gli va davvero.

<<E poi la mela l’ho mangiata all’asilo!>> mi rassicura. A, be', allora. 

Ci sediamo a un tavolino, ormai arriva con le mani a tutto il contenuto del vassoio, bicchiere compreso. Sta crescendo e ce ne accorgiamo insieme, io e Nonno Putativo, all’improvviso, perché al bordo di quel tavolino fino a un minuto fa arrivava solo con gli occhi, mentre adesso supera il piano con tutta la testa e sta seduto come un bambino (quasi) grande.   

<<Cosa hai fatto oggi all’asilo?>>

<<Mmmmm .... buona questa marmellata gialla! Ah all'asilo? Niente!
Non ho fatto niente!>>

<<Ma sei sicuro? Ma se è tutto un tripudio di lavoretti di Natale?>>

<<APPUNTO!>>

<<Ma non hai disegnato?>>

<<EH SCI’>>

<<Quando hai finito di mangiare mi mostri cosa?>>

Apro il contenitore delle patatine perché per farlo disegnare non ho di meglio. Gli do una biro, che lui impugna a mo’ di scalpello. Poi mette tra i denti un pezzetto di lingua (come fanno tutti i cartoni animati) quindi sul cartoncino fa un’asta tremolante e la completa,  nella parte superiore,  con un’asticciola.

<<Questa è la T di Tommaso!>> annuncia.

Noi muti, perché quanto sta accadendo è talmente maestoso da obbligare alla solennità del silenzio. 

Nipotino procede, concentrato e volonteroso. Suda perfino un po’. Poi ci porge trionfante un cartoncino mozzafiato:
 
 
 

 

 

 

  

 

 

venerdì 13 novembre 2015

CHE SIA COLPA DEL FATTO CHE IN AMOR VINCE CHI FUGGE?


A Nipotino tocca il tempo prolungato, il che significa che mentre la maggior parte dei bambini esce dall’asilo alle sedici in punto, lui deve rimanerci un’ora e un quarto in più. All’ora canonica, quella in cui escono i fortunati che hanno nonni in pensione o mamme part time, nessuno di noi può andare a prenderlo (tra tutti non c’è un part time né un pensionato).

Alle sedici in punto se ne vanno anche le maestre e arriva a custodire chi rimane un’educatrice paziente come Giobbe, che per un’intera ora (e più) a intervalli di circa tre minuti deve rispondere alla domanda: “Tra quanto vado a casa?”.

La richiesta viene fatta a turno dai quattro del tempo prolungato, sì sono quattro che quando tutti se ne vanno rimangono nell’asilo deserto, dai lunghi corridoi deserti e scarsamente illuminati, ché l’economa che amministra l’asilo evidentemente ritiene che per quattro bambini e un’educatrice non servano grandi luminarie.

Quando arrivo a prendere Nipotino e salgo quelle scale nel silenzio innaturale dell’asilo deserto ho sempre il cuore in gola: ho paura che gli altri tre se ne siano già andati e che lui sia rimasto solo con l’educatrice e quindi si senta abbandonato e perduto.

Non è mai successo fino a ora (dio delle nonne, sento che ci sei). Ed è al momento del ritiro che la situazione mi sfugge regolarmente di mano.  Dopo aver percorso in un lampo l’eterno corridoio  sulla porta mi affaccio all’aula dove, seduto su un grande tappeto disegnato, lui gioca con Caterina, Irene e Francesco. Mi vede, si alza, corre verso di me, mi abbraccia forte, ridendo perché Nipotino è del genere cingallegra, festosissimo e di buon umore, poi si gira di scatto e si tuffa su Caterina per baciarla.

Caterina è magrolina, volitiva, ha i capelli sottili di un pulcino, lunghe ciglia scure, il carattere deciso di un marines e soprattutto detesta essere baciata. Specialmente dove capita (orecchi, naso, bocca) . Specialmente da Nipotino.

Cerco di afferrarlo:

<<No, Nipotino, lascia stare, non vuole essere baciata>>.

Caterina mi guarda grata, poi ribadisce con tono fermo:

<<Nonna di Tommaso, non voglio i baci di Tommaso>>

 <<Ma nonna, io invece voglio daRRle uno o sette baci!>>

<<No, Nipotino, basta così, non si deve baciare chi non vuole essere baciato!>>

<<Su, dai un bacio a me>> si immola l’educatrice, paziente come Giobbe.

<<No, a te no. Voglio baciare Caterina>>

Caterina prende un giocattolo (di plastica rigida, dagli angoli aspri)  e cerca di spaccarlo sulla testa di Nipotino. Poi fa anche bleah, con un misurato disgusto che è la sua cifra stilistica.

Nipotino invece cerca di divincolarsi dalla mia stretta e di rituffarsi su di lei per baciarla.

Sudo un po’. Voglio mettergli la felpa e andare a casa.

<<Ti prego Nipotino….>>

<<Va bene, andiamo>> dice a testone basso.

Non è più cingallegra, se non fosse impossibile direi che è un primordio di mal d’amore.

Durante il tragitto verso casa lo tengo d’occhio dallo specchietto retrovisore. Si guarda intorno e finalmente i suoi occhi dorati (come i capelli e le ciglia) si fanno di nuovo luccichini.

<<Passato il dispiacere, Nipotino?>>

<<Scì>>

<<Ma perché vuoi sempre baciare Caterina? Ti piace?>>

<<Eh NO, PLOPLIO PLOPLIO NO!>>

<<E allora? Perché fai tutti quei tuffi e tutti quei baci a tradimento, che alle bambine non piace affatto una simile irruenza!>>

<<PeRRché lei non vuole>>

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

mercoledì 11 novembre 2015

COME BELLE, QUELLA CHE CHIEDEVA COSE SEMPLICI (una rosa) E IMPOSSIBILI (colta in cima a un ghiacciaio a febbraio)

          

Dal lunedì al giovedì alle cinque e un quarto in punto vado a prendere Nipotino all’asilo. Il venerdì tocca a Nonno Bio.
Dal lunedì al giovedì,  nell’arco di tempo che va dalle 5,15 pm alle 8,40 pm,  Nipotino e io seguiamo una scaletta, senza mai sgarrare la sequenza delle azioni, perché alla faccia di chi sostiene che il segno zodiacale non influenza la personalità Nipotino, che guarda un po’ è della Vergine, è l’Abitudinarietà fatta Nipotino. Guai a sconvolgergli gli schemi, nati da un primo schema casuale assurto a dogma divino,  secondo cui si svolge la sua vita.
Guai a dargli il succo di frutta prima di aver acceso la televisione, guai a invitarlo a sedere sul divano quando non ha ancora indossato le ciabattine (a cui tiene tantissimo) .

<<PRRima devo togliermi le scaRRpe>>

<<Nipotino, non sta scritto da nessuna parte. Puoi toglierle dopo e prima sederti!>> Niente da fare.

Secondo me occorrerà prima o poi esporlo a qualche piccolo imprevisto, ma rimando sempre perché è così pacifico con le sue abitudini che non ho il coraggio di destabilizzarlo, per esempio infilandogli i calzettoni prima dei boxer (eh già, Figlia ha deciso per questo tipo di mutanda, nel timore che se mai dovesse provare gli slip, abitudinario com’è, non li abbondonerebbe mai più, neanche a 30 anni, con quel che ne potrebbe conseguire per l’immagine J).

Lo schema pomeridiano è questo:

  • Tragitto in auto per raggiungere casa mia, durante il quale ci raccontiamo gli accadimenti più significativi della giornata (Lui: Ho mangiato la pasta rossa, i piselli facevano venire il gomito, abbiamo cantato ginghelbel.  IO:  Ho liberato un ragnetto che correva sul muro, ho visto una nuvola che pareva un fantasma di Halloween, ho messo in ordine i tuoi Tips (orridi mattoncini al mais che si moltiplicano per sporulazione e chiedono acqua per poter essere utilizzabili). Durata 15 minuti.
  • Parcheggio dell’auto, salti in lungo (lunghezza tombino) in cortile, entrata in casa. Durata 3 minuti.
  • Ciabattine, accomodamento sul divano, accensione TV, succo di frutta. Visone cartoni animati. Durata 30 minuti.
  • Bagno con lunga permanenza in vasca e brevi operazioni di stretta pulizia (lavaggio di capelli incluso). Durata 30 minuti.
  • Asciugatura totale di ogni singola parte di Nipotino (capelli inclusi). Applicazione di sottile velo crema idratante. Vestizione. Durata 15 minuti.
  • Ciabattine, accomodamento sul divano, I-pad (solo per visione di cartoni o per un video game di Angry Birds) . Durata 30 minuti.
  • Cena. Recupero zainetti, disegni fatti con la maestra, giocattolo del conforto (in uso al mattino, all’entrata all’asilo). Tragitto in auto alla volta di casa di Figlia e Genero Preferito per la riconsegna di Nipotino. Durata 45 minuti.

Sia per sequenza che per durata, tutto si svolge in modo sempre uguale (ah l’eterno ritorno dell’identico di nietzschiana memoria con la conseguente nausea). Ma ieri sera avevo fretta e ho accelerato i tempi del bagnetto.

<<Basta Nipotino, devi uscire dall’acqua!>>

<<No ancora 5 mila! Ti pRRego!>>

<<No, lo dico io, Nipotino, dai su, devi uscire. Stasera dobbiamo fare prima!>>

<<No!>>

<<Sì, Nipotino…lo devo fare…scusami non mi piacciono le maniere forti…perdonami…lo faccio…FATTO!>>

<<Naaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, nonna naaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, peRRché ..PERRRCHE’ ?>>

Lui fissava il mulinello d’acqua risucchiato dal buco dello scarico a cui avevo tolto il tappo con vero e cocente dolore mentre le lacrime a spruzzo che sono la sua specialità spruzzavano (appunto) ovunque. A fronte di tale disperazione il mio cuore non ha retto, altrimenti che nonna sarei? Taroccata ecco cosa. E quindi al diavolo quello che dovevo assolutamente e urgentemente fare e a causa del quale avevo deciso di abbreviare la permanenza di Nipotino in acqua.

<<Dai Nipotino, mi dispiace. Guarda qui, rimetto il tappo. Riapro l’acqua, la riempiamo di nuovo la vasca. Basta che non piangi più. Ecco guarda  …rituffati dai…puoi starci ancora un po’ a giocare …>>

<<Naaaaaaaaaaaaaaaaaa…………..naaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa NONNA NAAAAAAAAAAAAAAAAA>>

<<Cosa ancora?>>

<<Io VOGLIO L’ACQUA DI PRIMAAAAAAAAA>>
 

 

 

sabato 7 novembre 2015

AUTOCONTROLLO DA MANUALE



 Avete presente la scena in cui il cattivissimo giudice Morton (quello alto alto con gli occhi rossi) per stanare Roger Rabbit intona il sadico motivetto ammazza la vecchiaammazza la vecchia … nella fondata certezza che il coniglio, anche a costo di rimetterci la pelle nella salamoia, non resisterà alla tentazione di uscire allo scoperto, per essere lui a declamare la strofa finale (col flittttt…). E il coniglio, infatti, cerca disperatamente di trattenere se stesso, ma non ce la fa, gli è impossibile, è più forte di lui e così salta fuori dal suo nascondiglio, perché scivolare urlando “Col fliiitttttttttttttttt” è una tale soddisfazione che pazienza se si rischia la vita per levarsela.

 

Roger Rabbit è la più calzante metafora del mio stato d’animo rispetto alla scientificamente dimostrata necessità di tacere con Nipotino dell’arrivo del bambino/a nuovo/a, per evitare che si metta ad attenderlo/a da un momento all’altro, mentre alla sua nascita mancano  ancora 29 settimane, vista la lunghezza imbarazzante della gravidanza umana.  Lo so, per carità che è giusto così, lo so che bisogna aspettare che manchi poco al parto o che almeno lui si accorga del pancione materno, per ora assente (Figlia scusa ti dispiacerebbe arrotondarti un po’?) per non creare inutilmente aspettative che troppo ci vorrà a soddisfare. Lo so e lo scrivo almeno due volte all’anno in una rubrica di dritte per genitori attenti, ma faccio fatica a tenerlo a mente.

<<Nonna>> mi ha detto Tommaso qualche giorno fa. <<Me mi piacerebbe un fratellino maschio.

(Ammazza la vecchia…. Ammazza la vecchia….)

<<Dunque…ehm ….>>

<<Nonna perché a me i fratellini femmine forse non mi piacciono. Me però mi piacerebbe un fratellino>>

Am-maz-za la vec-chi-a …. Am-maz-za la vec-chi-a ….

<<…Dunque io di fratellini non ne so niente!  Dovrai parlarne alla mamma e al papà, sono loro i responsabili dei fratellini>>.

E non ho aggiunto altro, esercitando un autocontrollo maestoso sul Roger Rabbit che è in me. Potrei tenere dei corsi.

 

giovedì 5 novembre 2015

DI PANCE E MAMME IN CIELO


<<Nonna?>>

<<Dimmi…>>

<<Nonna, lo sai di già che io sono uscito dalla pancia della mia mamma Valentina?>>

<<Sì, sì lo sapevo, ma sono contenta che tu me lo dica ancora. Sai c’è un proverbio che dice che ripetere giova>>

<<Cosa è “giova”?>>

<<Ehm … vuol dire che fa bene …che è una buona cosa>>

<<Umf ……..Nonna? Sai che io so un’altRRa cosa?>>

<<Dimmi…>>

<<La mia mamma Valentina è uscita dalla tua pancia e anche lo sio Andrea>>

<<Giusto>>

<<Nonna?>>

<<Dimmi…>>

<<E anche tu sei uscita da una pancia? Dalla mia presemmpio?>>

<<Sì Nipotino, tutti sono usciti da una pancia. Dalla pancia della loro mamma. Tu non sei e non sarai una mamma, ma sarai, da grande, un papà>>

<<Ma come si chiama la tua mamma?>>

<<Loredana>>

<<E dove è?>>

<<In cielo, con la tua nonna Snella e l’altro tuo nonno>>

<< …….. Nonna, è vero che la mia mamma Valentina però non ci va in cielo? E’ vero nonna? E’ vero che resta qui?>>

<<E’ verissimo, la tua mamma è giovane e deve crescere il suo bambino, cioè te, non può assolutamente andare in cielo>>

<<Nonna? Se tua mamma è in cielo ci sono io comunque qui con te>>

 

 

 

 

 

martedì 27 ottobre 2015

DI FAGIOLINI E FLASHBACK

L’immagine di Nipotino Nuovo mi è giunta via WhatsApp. Ho allargato lo schermo del telefonino e l’ho visto attraverso il nulla nebbioso che tanto bene riflettono gli ultrasuoni. Un fagiolo minuscolo, due centimetri di Nipotino Nuovo. Chi sarai bambino e quanto ci cambierai la vita?

Poi i flashback tali a quali a quelli dei  film in cui lei sta guidando o cucinando e all’improvviso sfreccia nella sua mente una sequenza di momenti sepolti nel passato:

un altro fagiolino galleggiante, la sala parto, il ritorno a casa e quello stupore, quella gratitidine per tutti i ditini al loro posto e per il dieci dell’Apgar. Non era stato così con Figlia, i 20 anni rendono arroganti, suggeriscono che tutto questo sia dovuto.  
Ciao Figlio, ex fagiolino, questa è tua sorella, questo il nostro cane, questo il mondo.


Metto gli occhiali, voglio vedere ancora meglio i due centimetri di Nipotino Nuovo. Che temperamento avrai bambino? Sarai gioioso come tuo fratello oppure ci sarà in te la sottile vena di malinconia di tanti di quelli che nella tua famiglia non ci sono più?  E Figlia, la tua mamma, se la caverà brillantemente con il raddoppio o si stancherà a morte, come mi stancavo io, per poi flagellarsi, tale e quale a me, per non avere la resistenza se non di una madre standard almeno di un marines?

Fatica…Flasback…Corse…Flashback….Affanno…Flashback:

la tunica bianca non ritirata e la Prima Comunione domani, ma quanti sacramenti vi dovranno essere somministrati, Figli, prima di spiccare il volo? Quanti crocefissi, cordoncini, coroncine ritirerò in ritardo da mani di suore tremolanti di disapprovazione?

il campo di calcio e un freddo impietoso che paralizza le mani, ma quanto dura un derby tra pulcini? Mi allontano un attimo, ho lasciato i guanti in macchina, vado e torno, solo un attimo. L’attimo del goal che non ho visto. Tu non c’eri mamma quando ho fatto goal.  

il Quadernone con la copertina rossa, no, non ce l’ho fatta a passare in cartoleria, ma signora maestra la prego il bambino non c’entra la nota la deve mettere a me …
Quando si tratta di assemblare flashback, la mia memoria dà il peggio di quel che conserva in archivio. Perfino se a stuzzicarla sono due centimetri di Nipotino Nuovo.     

   

 

 

giovedì 22 ottobre 2015

LA "M" SCARLATTA

Cercava da tempo una scusa per assalirlo. Non per ferocia, non per una peculiare antipatia nei suoi confronti, ma solo perché non aveva capito cosa fosse esattamente così piccolo e grassoccio e profumato di latte e di triderm e quindi si era fatto l’idea che fosse una preda. Una di quelle prede che il suo dna di cacciatore  gli suggeriva di afferrare e magari mettere al sicuro nella sua tana (l’ultimo scaffale della Libreria dello Studio).
Quello che gli serviva era una scusa valida per giustificare la sua aggressione: se non capiva infatti cosa esattamente fosse quella cosa piena di ciccia dal profumino invitante aveva confusamente compreso che gli Umani ci tenevano a lei. 
Per un anno rimuginò sulla faccenda, pianificando una strategia d’attacco e cercando un pretesto per attuarla. Ma il pretesto tardava a palesarsi. La cosa grassoccia cresceva e iniziava pure a spostarsi traballante per casa, festosa, volonterosa, tutta sorrisi e gridolini. Lo guardava e rideva forte e chiaro di felicità. Mai e poi mai si sarebbe protesa verso di lui per tirargli la coda o ficcargli un legnetto in un occhio: questo era evidente. La preda non era bellicosa e lo osservava con rispettosa curiosità, senza mai avvicinarsi troppo e sempre guardata a vista da almeno un paio di Umani alla volta. Lui però non abbandonava l’intento: quella preda esercitava su di lui un’attrazione violenta, doveva afferrarla, assaggiarla, trascinarla nella sua tana. E poco importava se ormai, con il passare dei mesi, fosse quasi triplicata di peso e avesse raggiunto i 12 chili, quattro più di lui, ma pazienza: non era forse vero che gli umani cacciavano gli elefanti senza fare tante storie di dimensioni. E l’idea, da cui originò il pretesto tanto atteso, arrivò e si accese nella sua testa di cacciatore come la lampadina dei cartoni animati. Prese la sua amata oca morta di gomma e la mise nel cesto dei giocattoli della sua preda. E quando la preda traballante si chinò sul cesto per afferrare la palla lui sbucò fuori dall’angolo in cui ansimante (ma piano) e immobile attendeva. Spiccò un salto da gatto, nonostante fosse un cane, un bassotto per di più con lunga colonna vertebrale e corte zampe poco adatte alle grandi elevazioni e si attaccò coi denti alla pancia della preda. Eravamo presenti in tre: io, Figlia e Genero Preferito. Abbiamo urlato forte mentre Nipotino piangeva, più di sorpresa e di delusione che di vero dolore perché il pannolino e la maglietta un po’ lo proteggevano dai denti di Gino. <<No!!! Gino nooooo!!!>> gridavamo tutti, ma lui niente. L’aveva presa la sua preda grassoccia ed era ben deciso a non mollare e a trascinarla nella sua tana. Il panico. Lo strattone violento dato a Gino per costringerlo a lasciare andare Nipotino. Poi la verifica del danno: sì c’era del sangue sul pancino, sì ci sarebbe stato bisogno di antibiotico e di medicazioni. Gino si era macchiato della peggiore tra le colpe: aveva morso il piccolo Umano, nella casa degli Uomini che lo ospitavano. Con un’ideale eppure vistosa M scarlatta sulla schiena Gino si ingobbì e sparì nella sua cuccia, senza più farsi vedere per il resto della giornata. Ma ormai il latte era stato versato ed era inutile che piangesse. Figlia non lo avrebbe perdonato mai, per tutta la vita e anche oltre. Genero Preferito, grande cinofilo, cercava una spiegazione razionale all’accaduto. Nonno Putativo (assente durante la tragedia) ha dato tutta la colpa a me che non so educare nessuno, neanche un pesce rosso. Io, be’, io ero disperata per Nipotino con la pancia sanguinante, per Figlia arrabbiata per sempre, per l’irragionevolezza di Nonno Putativo che aveva dato la colpa a me di tutto (e solo parzialmente agli altri due presenti). Sono passati tre anni da allora. Nipotino ricorda perfettamente quanto successo perché abbiamo iniziato a raccontarglielo per metterlo in guardia dalla tentazione, in lui fortissima, di fidarsi di qualunque cane veda. E la storia gli piace molto, lo fa sentire un po’ eroe. Ogni giorno quando entra a casa mia chiede, così per documentazione, lontano da ogni rancore, senza alcuna paura:
<<C’è Gino in giro? Gino mi ha morso la pancia. Vero nonna? Mi racconti?>>.
Ma Gino è nella sua tana. Ci va da solo quando sente sulle scale la voce di Nipotino. Ci va da solo brontolando a denti stretti, orgoglioso com’è e restio a dare soddisfazione, mostrando ragionevolezza. E’ un esilio volontario che ha scelto dopo essersi reso colpevole del peggiore tra i delitti canini. Non ha più incontrato Nipotino da allora, non viso a viso. Quando Nipotino è in casa lui non esce dalla sua cuccia che si trova nella Libreria del mio studio. Da qualche giorno qualche volta entro nella stanza dove lui è rintanato con Nipotino in braccio, così giusto per saggiare il terreno, per capire se un giorno chissà quando il mio bassotto e il mio nipotino potranno incontrarsi ancora senza che il secondo corra rischi per via del primo.
Gino quando entriamo trema tutto, con la sua M di “mordace” scarlatta sulla schiena, e muove debolmente la coda. Sono quasi sicura che voglia dire: <<Non lo farò più, non lo farei mai più>>, ma vatti a fidare.     
                                         

venerdì 16 ottobre 2015

QUESTIONI DI COSCIENZA (DOPO LA PROIEZIONE DI PINOCCHIO ALL’ASILO)


<<Nonna?>>

<<Dimmi>>

<<Dove stiamo andando adesso con questa tua macchina?>>

<<A casa mia, a fare l’aerosol>>

<<Ah…E anche guardo-la tele-mangio i-mikado-bevo-il-succo-di-pera-gioco-con-l’Ipad-mi-leggi-Mostriefantasmi e Mostridicasamia-che-era-dello.zio-Andrea?>>

<<Sì, ma prima di tutto l’aerosol. Mentre si fa l’aerosol non si può né bere né mangiare né giocare con l’I-pad. Si può guardare la tele o mi puoi ascoltare mentre ti leggo di mostri  di varie specie e natura (tutti buoni e in fondo un po’ sfortunati)>>

<<Nonna, tu sai una cosa?>>

<<Be’ sì, abbastanza, ne so abbastanza di cose. Sui mostri so quasi tutto, per esempio, ché già a suo tempo con lo zio Andrea mi ero fatta una cultura specifica>>

<<Nonna tu sai che cos’è la coscienza?>>

<<Come? Che cosa intendi?>>

<<Coscienza, nonna, la coscienza>>

<<Dunque…ehm …è una cosa che hai dentro il cuore e che ti dice cosa è Bene e cosa è Male. Più o meno. Per esempio se tu sei gentile, obbediente e sorridi è bene o male?>>

<<Bene>>

<<E se Franci ti chiede di giocare con il tuo Big Hero (realizzato con la plastica più rigida del mondo e dotato di ali acuminate e giunture taglienti, ma Nipotino lo ama e lo stringe a sé manco fosse di gommapiuma) e tu gli rispondi sgarbatamente che no, che non solo non gli permetterai di giocarci ma neanche di toccarlo, è bene o male?>>

<<…male …>>

<<Come?>>

<<…male …>>

<<Bravo Nipotino, è la coscienza che ti fa dire così>>

<<Nonna, ma se Franci poi me lo rompe Big Hero allora è bene se non glielo do, vero?>>

<<Dunque …hum…ahem ... questo devi chiederlo a tua mamma e a tua papà, che loro sì che sanno tutto>>.

 

 

 

 

 

 

giovedì 15 ottobre 2015

CIAO PUNTINO



21 settembre 2015, ore 20,30

 

Genero Preferito ci invita a cena. Strano, di martedì. Mi comunica il menù, che devo cucinare e portare io, come da tradizione (la nostra). A me piace, mi fa sentire utile e poi ho un magnifico cesto Ikea che rende semplice il trasbordo dei piatti preventivamente cucinati da me.

 

22 settembre 2015 , ore 20,30

 

Arriviamo a casa di Figlia e Genero Preferito con Nipotino al seguito (ritirato all’asilo alle 17.00 – otto ore di asilo, povero Nipotino, ma di questo dirò più avanti)  e l’accogliente cesto dell’Ikea fattosi cornucopia.

 

Sul tavolo apparecchiato, vicino al mio piatto un vasetto di ceramica bianco, con dentro una pianticella di orchidea e accanto un minuscolo cece, poco più di un puntino disegnato con la biro.

 

<<Ecco questo è il tuo nuovo Nipotino, in dimensione reale, circa>>

 

Ciao Puntino, sei un puntino e già ci hai travolto di emozioni, progetti, amore. Ciao Puntino, ti pregustiamo, abbiamo già troppa fretta di vederti, ma dobbiamo rassegnarci, la gravidanza umana è di una lunghezza imbarazzante. E poi adesso dobbiamo aspettare la conferma dell'ecografia(nonostante le BETA HCG secondo me siano già abbastanza eloquenti, o almeno così credo).
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 OMISSISSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSS

14 ottobre 2015
 
L'Amico Ginecologo, quello che porta i bambini nella valigetta, ha detto che Puntino c’è. 
Puntino c'è e il suo cuoricino batte vigoroso. 

Ciao Puntino, ti aspettiamo.  E magari sei pure una Puntina, chi lo sa (un po' ci piacerebbe, così giusto per poter comprare quella gonnina a strati di tulle viola e lilla con fusciacca rosa).