UNA PER UNO

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babbucce

venerdì 13 novembre 2015

CHE SIA COLPA DEL FATTO CHE IN AMOR VINCE CHI FUGGE?


A Nipotino tocca il tempo prolungato, il che significa che mentre la maggior parte dei bambini esce dall’asilo alle sedici in punto, lui deve rimanerci un’ora e un quarto in più. All’ora canonica, quella in cui escono i fortunati che hanno nonni in pensione o mamme part time, nessuno di noi può andare a prenderlo (tra tutti non c’è un part time né un pensionato).

Alle sedici in punto se ne vanno anche le maestre e arriva a custodire chi rimane un’educatrice paziente come Giobbe, che per un’intera ora (e più) a intervalli di circa tre minuti deve rispondere alla domanda: “Tra quanto vado a casa?”.

La richiesta viene fatta a turno dai quattro del tempo prolungato, sì sono quattro che quando tutti se ne vanno rimangono nell’asilo deserto, dai lunghi corridoi deserti e scarsamente illuminati, ché l’economa che amministra l’asilo evidentemente ritiene che per quattro bambini e un’educatrice non servano grandi luminarie.

Quando arrivo a prendere Nipotino e salgo quelle scale nel silenzio innaturale dell’asilo deserto ho sempre il cuore in gola: ho paura che gli altri tre se ne siano già andati e che lui sia rimasto solo con l’educatrice e quindi si senta abbandonato e perduto.

Non è mai successo fino a ora (dio delle nonne, sento che ci sei). Ed è al momento del ritiro che la situazione mi sfugge regolarmente di mano.  Dopo aver percorso in un lampo l’eterno corridoio  sulla porta mi affaccio all’aula dove, seduto su un grande tappeto disegnato, lui gioca con Caterina, Irene e Francesco. Mi vede, si alza, corre verso di me, mi abbraccia forte, ridendo perché Nipotino è del genere cingallegra, festosissimo e di buon umore, poi si gira di scatto e si tuffa su Caterina per baciarla.

Caterina è magrolina, volitiva, ha i capelli sottili di un pulcino, lunghe ciglia scure, il carattere deciso di un marines e soprattutto detesta essere baciata. Specialmente dove capita (orecchi, naso, bocca) . Specialmente da Nipotino.

Cerco di afferrarlo:

<<No, Nipotino, lascia stare, non vuole essere baciata>>.

Caterina mi guarda grata, poi ribadisce con tono fermo:

<<Nonna di Tommaso, non voglio i baci di Tommaso>>

 <<Ma nonna, io invece voglio daRRle uno o sette baci!>>

<<No, Nipotino, basta così, non si deve baciare chi non vuole essere baciato!>>

<<Su, dai un bacio a me>> si immola l’educatrice, paziente come Giobbe.

<<No, a te no. Voglio baciare Caterina>>

Caterina prende un giocattolo (di plastica rigida, dagli angoli aspri)  e cerca di spaccarlo sulla testa di Nipotino. Poi fa anche bleah, con un misurato disgusto che è la sua cifra stilistica.

Nipotino invece cerca di divincolarsi dalla mia stretta e di rituffarsi su di lei per baciarla.

Sudo un po’. Voglio mettergli la felpa e andare a casa.

<<Ti prego Nipotino….>>

<<Va bene, andiamo>> dice a testone basso.

Non è più cingallegra, se non fosse impossibile direi che è un primordio di mal d’amore.

Durante il tragitto verso casa lo tengo d’occhio dallo specchietto retrovisore. Si guarda intorno e finalmente i suoi occhi dorati (come i capelli e le ciglia) si fanno di nuovo luccichini.

<<Passato il dispiacere, Nipotino?>>

<<Scì>>

<<Ma perché vuoi sempre baciare Caterina? Ti piace?>>

<<Eh NO, PLOPLIO PLOPLIO NO!>>

<<E allora? Perché fai tutti quei tuffi e tutti quei baci a tradimento, che alle bambine non piace affatto una simile irruenza!>>

<<PeRRché lei non vuole>>

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

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