<<Falla noiosa>>, le raccomandavo ogni sera, <<più noiosa possibile sennò non funziona>>. E Figlia, tiepida e accondiscendente nel suo pigiamino di flanella bianco a cuoricini rosa, annuiva con la testa. Ma le sue storie della buona notte che le chiedevo di raccontarmi, nella certezza (una paraculata vera) che se fosse stata lei a inventarle per me avrebbero sortito migliori risultati in termini di sviluppo della creatività, allenamento linguistico e rapida caduta nel sonno, avevano spesso quel guizzo di patos che teneva desta la sua attenzione per un tempo troppo lungo rispetto a quello che avrei desiderato dedicare al rituale della sera.
<<C’era una volta un pipistrello molto povero che si chiamava Rolando. Era molto povero perché…mmm perché…>>
<<Perché aveva perso tutto al casinò>> suggerivo io, pentendomene subito perché un simile spunto era senza dubbio esageratamente adrenalinico.
<<Che cos’è il casinò?>> chiedeva Figlia
<<Un posto magnifico pieno di luci e di suoni –dlin, dlin-dlin- e di voci –rienevaplu le sciesonfe- dove tu metti dei gettoni (che si chiamano fiches e che compri coi soldi) su un tavolo con scritto 1, 2, 3, 4 fino a 36. Poi c’è una ruota piena di altrettanti numeri, da 1 a 36 più zero e doppio zero che gira. Sopra ci corre una pallina: se la pallina quando si ferma cade sul numero 24 la mamma che ci scommette sopra vince tanti gettoni…>>
<<Va be’ allora c’era una volta un pipistrello di nome Rolando che era molto povero perché…mmmm…perché aveva perso tutto quello che aveva al casinò…Mmm non ci scommetteva sopra al 24…Così un giorno decise di andare per il mondo a cercar fortuna: prese l’autobus…>>
<<Scusa ma i pipistrelli non prendono l’autobus>>, interrompevo io per la mia deformazione di cronista, che deve a tutti i costi riportare fedelmente la realtà dei fatti. Ma anche in questo caso mi pentivo vuoi perché una discussione avrebbe distolto la bambina dal dormiveglia che prelude il sonno, vuoi perché per amor di giustizia se è vero che i pipistrelli non salgono sul tram per andare a cercar fortuna è certo che non diventano poveri perché hanno sviluppato una dipendenza da gioco d’azzardo.
<<No, dai, scusa, mi sono sbagliata, il tuo pipistrello sì, lo prende l’autobus, forza racconta…>>
Ma lei a questo punto dormiva già o faceva finta, perché da bambina aveva molto senso pratico e non amava invischiarsi in questioni in equilibrio instabile tra il paradosso, il filosofico, l’esistenziale e l’etologico.
E così, purtroppo, una variegata serie di incipit è quanto mi rimane delle fiabe che Figlia inventava per addormentarsi, per via della sfortuna/fortuna di avere una mamma di 20 anni (e a 20 anni, come canta Guccini nella sua mitica Eskimo, si può essere felici e pieni di ideali certo, ma anche “stupidi davvero” e io corrispondevo esattamente a tutto) .
Nessuna delle fiabe di Figlia è mai stata costruita da cima a fondo o possiede un finale. Credo sarebbe un bel dono per Bambino se lei ci rimettesse mano e le completasse, per iscritto. Da parte mia non ci infilerei più becco e attenderei di leggerle con la stessa ansia con cui aspetto l’uscita della prossima antologia di racconti della Allende.
tanto si capisce subito che le vuoi scrivere Tu...
RispondiEliminae fallo, no?!
;-)
Flavio, mi hai cuccata: sì ho voglia di scrivere fiabe per Nipotino, ma aspetto di sapre cosìè per scriverle su misura :-)
RispondiEliminami hai fatto venire in mente un bel film, "bedtime stories". divertentissimo. anche lì le fiabe venivano inventate dai bambini solo che diventavano tutte vere :)
RispondiEliminap.s. Tabata, potresti per favore togliere la password dalle opzioni per postare commenti? :/
Tabata, scrivile adesso: non ci sono favole da bambina e favole da bambino. E che capperi! E per farle su misura al carattere devono passare almeno un paio d'anni ancora.
RispondiEliminaMari
nella scuola materna di Trodje, a nord di Stoccolma, da 20 anni si lavora contro gli stereotipi maschili e femminili, eliminando ogni riferimento a ruoli predefiniti. Il Risultato? Bambini con maggiori capacità linguistiche e bambine più sicure di sè (fonte ventiquattro, marzo 2001: Voglio un genere tutto per me)
RispondiEliminaquindi... piccolo sforzo in più: scrivile indipendentemente da...
;-)
C'era una volta una nonna simpatica e chiaccherina che aspettava con tanta tantissima impazienza il suo primo nipotino.
RispondiEliminaUn giorno le prudevano così tanto le dita delle mani dalla voglia di quel nipotino che si mise alla scrivania e cominciò a scrivere: C'era una volta un pipistrello...
=).
Dai, che poi te ne chiedo qualcuna in prestito per Magù (offresi in cambio il mio cavallo di battaglia: il ciabattino che diventò millionario)
Susibita
Mari mi ha preceduta, scrivile, i cervelli non hanno sesso, checchè se ne dica, e per il tuo/la tua nipotino/a sapere che la nonna le ha scritte prima che nascesse sarà una prova di quanto lo/la hai amato/a incondizionatamente.
RispondiEliminaSono d'accordo con Flavio, per entrambi i motivi che ha detto lui. Avendo una femmina temo i modelli di passività e sopportazione, o precoce seduzione, che vengono proposti da libri e tv (su Rai Yoyo ogni tanto compaiono bambine con minigonna e tacco alto O_o). Ho già comprato il dvd dell'ape Maia, e sto cercando Pippi Calzelunghe e altri racconti con protagoniste femmine diverse da Cenerentola e Winx.
RispondiEliminaRagazze, se è vero che nella costruzione dell'identità di genere giocano un ruolo importante l'influenza dell'ambiente, l'educazione dei genitori e poi le esperienze personali, è stato dimostrato che il cervello femminile funziona diversamente da quello maschile, per via di alcune diverse connessioni tra i due emisferi (le donen ne hanno di più) e poi per la differente influenza ormonale. Un po' come dire che maschi o femmine non solo si diventa ma un po' ci si nasce. E' certo comunque che entrambi i sessi vanno educati con equilibrio, non spingendoli a viva forza verso gli stereotipi: su questo Close hai perfettamente ragione! Ma attenta: Cenerentola aveva due palle così :-))) Delle Winx so poco, ai tempi di Figlia non c'erano. Il mito di Figlia era Lady Oscar (nella culla ci han messo un fioretto, lady dal fiocco blu...) Più avanti Crsitina D'Avena (...studio medicina all'università....) Chissà se e in che misura ha influito sulla sua scelta di fare il medico, me lo chiedo spesso
RispondiEliminaOk Tabata, uomini e donne sono diversi... direi che balza all'occhio ;-) Ma il dato medico-biologico ci riguarda poco in realtà, dato che non si sa ancora con esattezza in che percentuale influisce. Mentre da quando ho avuto mia figlia noto che l'argomento della diversità biologica viene sempre nominato per giustificare asimmetrie culturali fortissime. Ma sto andando OT.
RispondiEliminaHai mai visto Shrek? C'è una scena in cui Cenerentola, Biancaneve, la Bella Addormentata e altre devono affrontare dei nemici. Allora gridano "Ragazze assumete la posizione". Indovina di che posizione si tratta? Si siedono... ad aspettare che arrivi il principe azzurro =D
Mia sorella studia medicina e ha notato che tutti i suoi compagni hanno qualche esperienza di "necessità" in famiglia, cioe' qualcuno che ha avuto bisogno. Noi abbiamo avuto entrambi i nonni molto malati, altri invece si sono occupati dei fratellini. Chi lo sa.
Close, ma poi Fiona ci riscatta tutte! (p.s. è lei il mio personaggio preferito in assoluto)
RispondiEliminaInteressante l'osservazione che hai fatto sugli studenti di medicina: proverò a indagare
Vedo che io e figlia abbiamo un'altra cosa in comune oltre alla professione medica (per me veterinaria): 20 anni di differenza con la mamma.
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