Nella mia solitudine di figlia unica anni Sessanta, per non annoiarmi dovevo giocoforza aguzzare l’ingegno. Allora nessuno aveva la smania di intrattenere i bambini in ogni singolo minuto della loro esistenza, né tantomeno di riempirne i pomeriggi di impegni di ogni ordine e grado. Ai miei genitori, anche se grati al destino di aver concesso loro una figlia mentre già l’orologio biologico della fertilità stava per tirare gli ultimi fiati, non gliene fregava nulla che mi annoiassi, anzi non pensavano proprio che esistesse la possibilità di nutrire una preoccupazione del genere, quindi non si sognavano neppure di comportarsi come animatori di un villaggio Valtur. Dopo la scuola tornavo a casa e, se le condizioni atmosferiche non permettevano di scendere in cortile, me ne andavo in camera, nella piena certezza che fosse giusto e sacrosanto che così fosse. Nella mia stanza potevo giocare e leggere e fare i compiti, tutto a mio piacimento, nell’ordine che preferivo, senza subire né pressioni, né essere sottoposta a controlli. Ora sono quasi sicura che era forse per questo che appena dopo mangiato (allora si usciva da scuola alle 12.30) aprivo la cartella e mi mettevo subito a farli quei benedetti compiti. Volevo togliermeli dallo stomaco: se non l’avessi fatto non sarei riuscita a godermi il pomeriggio perché se c’era una cosa che mi seccava più di tutto al mondo era l'eventualità di essere sgridata dalla maestra. Finché i compiti non erano finiti ero in balia di un vago malessere che nasceva dalla paura che accadesse qualcosa che mi avrebbe impedito di farli. Chi ha tempo non aspetti tempo: questo monito ha iniziato a perseguitarmi da piccola e ancora non mi molla (a cuccia, giù, ma niente).
Dopo i compiti e prima della TV dei ragazzi mi piaceva leggere, ma soprattutto disegnare. Ed è intorno ai sette anni che ho iniziato il “Gioco bestiale” che, come si evince dall'aggettivo, fa subito intendere quanto fossi distante dal buonismo di quella sfigata di Pollyanna. Il gioco era semplice ma richiedeva grande spirito di osservazione e un buon bagaglio di conoscenze specifiche: consisteva nel trovare nel vastissimo universo degli animali, comprensivo di rettili, anfibi, uccelli, mammiferi, insetti, il corrispettivo delle persone che conoscevo. Con davanti a me un album da disegno e Natura Viva (Enciclopedia sistematica del regno animale, Vallardi Editore) pensavo e ripensavo ai volti che mi erano noti (il salumiere, il pediatra, il bidello, il farmacista, la parrucchiera, la suorina che vendeva gli asabesi all’oratorio) e poi sfogliavo i grossi volumi alla ricerca del sosia quadrupede, bipede, invertebrato o con lische e pinne. Quando trovavo quello che faceva al caso mio lo copiavo usando le matite colorate poi, a opera finita, in uno stampatello i primi anni incerto e poi via via graficamente migliore, scrivevo il nome della persona a cui il ritratto assomigliava tale e quale (o almeno così mi pareva). L’album coi disegni era un segreto. Non ho mai saputo se di nascosto da me la mia tata (al riguardo vedi post “Al telefono con Mary Poppins, del 19 febbraio) o i miei genitori o tutte e tre l’abbiano sfogliato né se in qualche modo ne fossero informati. Chissà dov’è quell’album, mi piacerebbe averlo ancora, per i ritratti e per un frammento della bambina che ero, che di sicuro c’è rimasto impigliato. Ma tant'è. Credo di aver smesso intorno ai nove anni di disegnarci sopra i miei personaggi vagamente kafkiani (le caratteristiche umane si intrecciavano, fondevano e confondevano con quelle degli animali-sosia), mentre ho continuato imperterrita in tutti questi anni a occuparmi (con la fantasia) di bestiali associazioni. E’ più forte di me, quasi un automatismo: in coda al supermercato, in coda al semaforo, in coda dal panettiere, in coda dal veterinario e ovunque non si possa leggere ma, in compenso, ci sia da annoiarsi alla grande guardo i visi della gente, poi passo in rassegna gli archivi mentali, in cui sta in bell’ordine il mio sapere etologico, e in un amen becco la somiglianza. Devo dire che negli ultimi tempi mi sono capitati un paio di pellicani. Erano anni che non ne vedevo. Poi stamattina la folgorazione. Nell'arco di tempo in cui io sono andata e tornata dal supermercato in bicicletta; ho chiuso e spedito un pezzo (alla faccia della festa nazionale); ho telefonato a Figlia per sapere come sta (male, vomita ancora parecchio); ho messo le gocce di antibiotico nelle orecchie della Signora Luisa (che ha di fisso l’otite peggio di un bambino il primo anno di asilo), Futuro Nonno Putativo si è alzato, si è fatto il caffè, ha seminato peperoni e pomodori della sua fattoria virtuale (che.dio.facesse.andare.in.malora.tutto.il.raccolto). Dopodichè nel successivo arco di tempo in cui io ho fatto la doccia; ho lavato, asciugato e spazzolato Gino; tolto da terra un po’ di pelo col Folletto, Futuro Nonno Putativo ha cominciato a vestirsi. In questo momento non ha ancora portato a termine l’operazione (mentre io ho iniziato e concluso questo post).
HO CAPITO CHI E’ E QUEST'ULTIMO DATO (non si è ancora vestito!) CONFERMA LA SCOPERTA: un bradypus variegatus.
p.s. magari un giorno scriverò un libro di memorie: La mia vita con Sid
Benedetti anni '60.
RispondiElimina...chissà a quale animale mi vedevi assimilato...
RispondiEliminaClose, non dirlo a me che sono stata un'animatrice DOP, soprattutto per Figlio (il classico bambino-agenda)
RispondiEliminaFlavio, neanche da chiedere: un puledro bianco, of course
mia figlia vive come fossimo negli anni sessanta-settanta (quelli della mia solitaria ma fantasiosissima infanzia!)
RispondiEliminase prova a buttar lì un "mi annoio", la mia risposta è un laconico "ok"; so benissimo che di lì a poco s'inventerà qualcosa… a lei piace tanto inventarsi e talvolta scrivere storie!
ricordo che io facevo lunghe conversazioni allo specchio…
la cosa mi emoziona particolarmente visto che mia madre mi chiamava cavallo pazzo... ma forse ciò capitava qualche anno dopo...
RispondiEliminaTabata, cos'è un bambino-agenda? :)
RispondiEliminaMari
@Marina suppongo sia un bimbo la cui giornata è densa d'impegni… come accade spesso ai bambini "moderni" :)
RispondiEliminaahhhh. Grazie soleenuvole ... quanto sono indietro coi tempi gente! e pensare che non ho nemmeno 30 anni.
RispondiEliminaMari
Orecchio signora Luisa: dici che ha l'otite fissa. L'antibiotico te lo hanno scelto su un antibiogramma, o così alla speraindio (pratica che anch'io uso secondo un priorità di casistiche), se l'otite è fissa... inoltre la signora Luisa si è lasciata guardare per benino nell'orecchio? sia mai che sia un corpo estraneo che le provoca l'otite e l'antibiotico in quel caso non serva a risolvere la situazione. E' già stata vagliata l'opportunità di guararla in sedazione?
RispondiEliminaLauraGDS: sì sì quel povero nostro veterinario ha fatto di tutto (anche l'esplorazione in sedazione perchè ci tiene al suo ambulatorio e la Signora Luisa non ci mette nulla a tirar giù tutto quando si tratta di otoscopio). Secondo me sono io che non so metterle bene le gocce perchè si dimena troppo quindi la cura viene fatta sempre un po' così.
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