UNA PER UNO

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babbucce

giovedì 22 settembre 2011

ANCORA SULLA DEGENZA

Mentre Bisnonna si dirigeva verso la nursery con la sua andatura regale e senza dubbio fashion, per via del tacco 12 (su scarpe Manolo Blahnik, alla faccia della crisi e di quella tendenza alla sobrietà propria di tutte le altre donne della famiglia) e mentre si aprivano scommesse su chi fosse – un’attrice; il direttore di Vougue Parigi (sul genere “Il diavolo veste Prada”); la zia di Kate Middleton, ramo italiano – è arrivato Lui, l’amico ginecologo, un mito non solo per noi donne della famiglia (e relative amiche) ma anche per centinaia e centinaia e centinaia di altre donne della nostra piccola città. 
Nel suo studio, dotato del più sofisticato apparecchio per ecografie messo a punto fino a ora, transitano gravide di ogni genere, senza distinzione di razza, età, orientamento sessuale, condizione economica. E questo non solo perché è un ottimo e tranquillizzante medico, ha un ecografo tridimensionale e parcelle abbordabili, ma anche in quanto si  è sparsa con insistenza la voce che porti fortuna.
Figlia lo ha abbracciato con trasporto, lo stesso con cui tanti anni fa lo strinse per ringraziarlo di averle portato nella valigetta suo fratello (a proposito della valigetta vedi post “Terza ecografia” del 18 febbraio).
Poi gli ha fornito un sintetico rendiconto del parto (“Ti dico solo che ero disposta a farmi fare l’eutanasia pur di non sentire più quel male cane”), quindi gli ha comunicato  che non avrebbe mai più fatto neanche mezzo figlio, entrando così a far parte di quelle 99 puerpere su 100 che, secondo le statistiche, pronunciano una frase pressoché identica nelle prime 24 ore dopo il parto.
Lui ha annuito, dicendo che certo che sì, che ci credeva senz’altro e poi, per evitare che Figlia si sentisse in dovere di abbandonare la stanza col suo contenuto di amici, si è rivolto a me per chiedermi di accompagnarlo a vedere Bambino nuovo. Dal vivo finalmente, senza più la mediazione del monitor collegato all’apparecchio ecografico (che spesso non rende giustizia all’oggettiva bellezza di un bebè).
Così ci siamo avviati verso la nursery, lontana dalla stanza di Figlia un paio di corridoi. Un ospedale si sa è come un piccolo paese, come un quartiere di una grande città, come uno stabilimento al mare: tutti sanno tutto di tutti, tutti vengono a sapere in tempo reale qualsiasi cosa vi accade. Grazie a un misterioso tam tam, in un amen si è sparsa la voce dell’arrivo di Lui. In breve una folla di puerpere si è accalcata lungo il nostro tragitto, aprendosi rispettosamente ad ala a mano a mano che Lui avanzava. Pareva Mosè che divide le acque del mar Rosso, solo senza barba e con molta meno prosopopea.  
Abbiamo accelerato il passo verso il nido, mentre le puerpere lo salutavano a voce alta. Le più disinvolte cercavano di bloccarlo per raccontargli il loro parto e naturalmente ringraziarlo genericamente “per quanto aveva fatto per loro”. Lui sorrideva a tutte e se gli avessi permesso di seguire il suo impulso si sarebbe fermato, avrebbe chiesto a ciascuna com’era andata, per poi ascoltare le risposte e ancora informarsi di ulteriori dettagli e avanti così senza soluzione di continuità.  Una cosa è certa: se non avessi preso la situazione di petto saremmo ancora lì.
<<Non sei Bruce Spreensting>>, gli ho rammentato velenosamente, così lui ha riso (ignorando quanto fossi acida) e ha tirato dritto, sempre però rispondendo con affabilità ai vari “Buon giorno dottore” che giungevano da più parti. 
Giunti in zona nido ci siamo resi conto che per raggiungere la vetrata bisognava fare a botte. Nugoli di nonni e nonne e giovani zie vi stavano incollati come gechi a una parete di roccia. Dalla nostra postazione, dell’interno del nido riuscivamo solo a vedere una lampada al neon al centro del soffitto. E così mi è venuta l’idea. A voce alta, molto alta (simil pescivendola degli angiporti di Genova) , prendendo Lui del tutto alla sprovvista, ho detto:
<<Venga dottor … (cognome di Lui). Venga a vedere i bambini>>.
L’effetto sfollagente è stato immediato, perché anche i nonni e le nonne  e le giovani zie di questa nostra piccola città conoscono perfettamente il nome di Lui e sanno chi è.  
In un amen si sono spostati tutti, tanto da farci spazio: non so se me lo perdonerà mai, schivo com’è e in più allergico a qualsiasi forma di favoritismo, anche se veniale come lo può essere quello di riuscire a  sbirciare attraverso il vetro di una nursery. Fatto sta che ha potuto guardare Bambino nuovo (il nostro) più altri dieci o undici bambini nuovi, visto che le rispettive mamme, in piedi dietro di noi, gli alitavano sul collo dicendo: <<Ecco guardi: il 272 è  il mio!>>. E Lui, che ci crediate o no, guardava proprio, nel significato pieno del termine, li guardava tutti e li vedeva: ecco lì il 278, e il 281, con la copertina rosa, certo è una bambina.
Lui guardava loro e io affascinata guardavo lui che dopo tutti quegli anni di lavoro e tutti i parti a cui ha assistito e tutti i neonati a cui ha dato il benvenuto nel mondo, accogliendoli tra le mani, riusciva ancora a emozionarsi davanti a un pugno di esserini nuovi di zecca. A un tratto mi è sembrato molto ma molto più giovane di quanto sia in realtà, quasi un ragazzo.  Così la memoria mi ha restituito intatta la frase che più amava ripetere un mio professore e che a me, allora giovanissima, diceva molto poco: provare meraviglia è l’arte che non fa invecchiare mai.  

3 commenti:

  1. Bellissima frase.
    Devo dire che in questi ultimi due post l'immagine di Figli mi si è finalmente ridimensionata: all'inizio davvero pensavo che fosse passata stoica e indenne attraverso l'Apocalisse (=parto) e mi dicevo "ma come fa? come cacchio ha fatto? e ceh sò io? una lumaca??".
    E invece vedo che fa parte del club, che anche lei ha chiesto l'autanasia e che si è prontamente ripromessa di non fare più figli.
    Cosa che sistematicamente non manterrà, ma vabbhè ci caschiamo tutte (non sono incinta, non ancora. Sto lottando, perseverando nel mio intento, ma non so quanto durerò).
    Dalle un grande solidarissimo abbraccio.
    E un soffietto sul nasino di Bimbo Nuovo (avete porvato? a magù piaceva di brutto...)

    Susibita

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  2. Sììììì, è così, meravigliarsi per un piedino nuovo e perfetto, per un riflesso in una pozzanghera, per una fogliolina verde di primavera, per un giorno ventoso, per una quisquilia che ti fa ricordare di essere al mondo. Non potrei essere più d'accordo, pur cercando di evitare l'effetto Pollyanna.
    Quanto a figlia, ne riparliamo tra sei mesi, quando Nipotino sarà l'ottava meraviglia del mondo e lei già penserà ad averne un altro.

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  3. Questa frase l'ho letta a mio marito, che oggi mi ha portato una novità ... che lo ha fatto ringiovanire di 10 anni!

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