UNA PER UNO

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babbucce

martedì 16 maggio 2023

NIPOTINO 2, LORENZO

 

Intorno all’enorme tavolo della cucina siamo seduti io, Figlia e Nipotino 2, Lorenzo. Gli altri due, Nipotino 1 (che tanto ino più non è, mi ha superato sia in peso sia in statura, non riesco a farmene una ragione) e Nipotino 3 (ancora ino, almeno per un po’) si stanno bastonando e insultando nella stanza accanto, mentre la madre (che poi è mia figlia) distrattamente di tanto in tanto li invita a farlo sottovoce, menatevi pure, per amordiddio sennò che fratelli sareste, ma in silenzio.  È un evento eccezionale essere intorno al tavolo noi tre, peccato che la circostanza sia molesta: occorre presidiare i compiti. Lorenzo fa la prima, è ordinato, diligente, ci tiene moltissimo a fare bella figura con le maestre, il che si traduce in un’agonia per chi lo assiste. In balenese (chi ha visto Alla ricerca di Nemo sa di cosa parlo) legge a voce alta la comanda: SCCIIEEEGLI (“gli” di glicine) tre deeeellleeeeeeeeeee V…V…Veentii PParolllle in EE-LLENNN-CO e SCRIV..III tre PPensieeRRini.

Ce l’abbiamo fatta. Si devono pescare tra 20 parole tre parole per comporre altrettanti pensierini.  Adesso si tratta di leggere le tre parole da prediligere. Sempre in balenese, Lorenzo inizia, compunto, attento, seduto con la schiena dritta, l’astuccio davanti a sé con tutti le matite temperate alla perfezione. Tommaso, prendi esempio, tu che fai i compiti sdraiato sulla scrivania in un tripudio di cartacce, briciole, di cappucci penna masticati (per non dire del resto). 

Una lettura complicata quella delle 20 parole, OM, recitiamo mentalmente Figlia e io, ci si fa buddiste per tenere duro e non fuggire lontanissime da quell’elenco e dai faticosi successivi pensierini tutti da scrivere, parola dopo parola, lettera cancellata dopo lettera cancellata, avere un Lorenzo perfezionista è impegnativo. Si va da ciliegie a ceci, passando da baci, alberi, computer, lampade, pastelli e via via fino a cinghiale.  

Per aggiungere pathos alla circostanza, sfido Nipotino 2 al gioco tutto nostro dell’indovinare il preferito.

<<Dimmi secondo te quale tra questi nomi mi piace di più>>.

<<Cinghiale!>> risponde subito, senza esitare un attimo.

<<Ma come fai a vincere sempre? Sai leggere nel pensiero forse?>>.

<<Tiro a casaccio e mi va di fortuna>>. Mente, io lo so.

<<Non è vero, dimmi il tuo segreto!>> gli ordino.

E lui con un tono intollerabile (un mix di compatimento, noia, ironia sprezzante) imparato in un amen dal fratello grande appena entrato in adolescenza (Dio delle madri dei padri e delle nonne guarda giù) mi dice:

<<Forse è perché ti conosco?>>.

Mi spiazza. Per il tono, certo, ma soprattutto per la sua sensibilità e il suo intuito che già, e ha solo sei anni, sente il bisogno di mascherare con una voce da duro che non si lascia certo intenerire da una nonna.  Ma è quasi ora di cena, forza, fai ‘sti pensierini.

Mica semplice.

<<Dai scegli “cinghiale”, cominciamo da qui>>.

<<Non mi viene in mente niente …>>, sospira.

<<Perché non scrivi: a Roma è facile imbattersi in un cinghiale?>>

Niente da fare. Figlia boccia la proposta. Sostiene che le maestre capirebbero che non è farina del suo sacco. Vabbè, peggio per voi dico, tagliati fuori dalla cronaca, dall’attualità. Non se ne parla. Lorenzo pensa a costruire un pensierino con cinghiale. La faccenda è più complicata del previsto. Si divincola sulla sedia. Forse piangerà perché ci tiene a fare i compiti per bene e teme stavolta di non riuscirci.

Allora rilancia Figlia,  solerte, ispirata e suggerisce di scrivere:

<<A me piace il salame di cinghiale!>>.

Le guance di Lorenzo si colorano (lui è tutto chiaro, i capelli, la pelle) , mi guarda, gli occhi allargati di stupore e disagio, e scoppia a ridere forte. Un riso imbarazzato, gli dispiace quel che ha detto la mamma ma la ama talmente, è talmente adorante, che mai e mai e mai si mostrerebbe critico nei confronti di qualsiasi cosa venga da lei. Però sa che mi piacciono i cinghiali e che non mangio carne quindi quel pensierino volonteroso, suggerito dalla sua personalissima dea della Giustizia, della Bellezza e della Verità, lo mette in croce, afferma una realtà scomoda da ammettere davanti alla nonna vegetariana a cui sa leggere nel pensiero. Ride Lorenzo e io lo guardo e rido con lui, “ho capito” gli dico muta, ho capito che ti dispiace che io possa pensare che davvero in te la parola “cinghiale” evochi solo una lunga fila di salsicce. 

Così Lori, il nostro Piccolo Principe, stessi capelli, stesso sguardo, stesso garbo, stesse spiazzanti intuizioni, stessa  surreale saggezza dell’originale.     

 

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