Intorno all’enorme tavolo della
cucina siamo seduti io, Figlia e Nipotino 2, Lorenzo. Gli altri due, Nipotino 1
(che tanto ino più non è, mi ha superato sia in peso sia in statura, non riesco
a farmene una ragione) e Nipotino 3 (ancora ino, almeno per un po’) si stanno
bastonando e insultando nella stanza accanto, mentre la madre (che poi è mia
figlia) distrattamente di tanto in tanto li invita a farlo sottovoce, menatevi
pure, per amordiddio sennò che fratelli sareste, ma in silenzio. È un
evento eccezionale essere intorno al tavolo noi tre, peccato che la circostanza
sia molesta: occorre presidiare i compiti. Lorenzo fa la prima, è ordinato,
diligente, ci tiene moltissimo a fare bella figura con le maestre, il che si
traduce in un’agonia per chi lo assiste. In balenese (chi ha visto Alla ricerca
di Nemo sa di cosa parlo) legge a voce alta la comanda: SCCIIEEEGLI (“gli” di
glicine) tre deeeellleeeeeeeeeee V…V…Veentii PParolllle in EE-LLENNN-CO e SCRIV..III
tre PPensieeRRini.
Ce l’abbiamo fatta. Si devono pescare tra 20 parole tre parole per comporre altrettanti pensierini. Adesso si
tratta di leggere le tre parole da prediligere. Sempre in balenese, Lorenzo inizia,
compunto, attento, seduto con la schiena dritta, l’astuccio davanti a sé con
tutti le matite temperate alla perfezione. Tommaso, prendi esempio, tu che fai i
compiti sdraiato sulla scrivania in un tripudio di cartacce, briciole, di
cappucci penna masticati (per non dire del resto).
Una lettura complicata quella delle 20 parole, OM, recitiamo mentalmente
Figlia e io, ci si fa buddiste per tenere duro e non fuggire lontanissime da
quell’elenco e dai faticosi successivi pensierini tutti da scrivere, parola dopo
parola, lettera cancellata dopo lettera cancellata, avere un Lorenzo
perfezionista è impegnativo. Si va da ciliegie a ceci, passando da baci,
alberi, computer, lampade, pastelli e via via fino a cinghiale.
Per aggiungere pathos alla
circostanza, sfido Nipotino 2 al gioco tutto nostro dell’indovinare il
preferito.
<<Dimmi secondo te quale tra
questi nomi mi piace di più>>.
<<Cinghiale!>>
risponde subito, senza esitare un attimo.
<<Ma come fai a vincere
sempre? Sai leggere nel pensiero forse?>>.
<<Tiro a casaccio e mi va
di fortuna>>. Mente, io lo so.
<<Non è vero, dimmi il tuo
segreto!>> gli ordino.
E lui con un tono intollerabile (un
mix di compatimento, noia, ironia sprezzante) imparato in un amen dal fratello
grande appena entrato in adolescenza (Dio delle madri dei padri e delle nonne
guarda giù) mi dice:
<<Forse è perché ti
conosco?>>.
Mi spiazza. Per il tono, certo, ma soprattutto per la
sua sensibilità e il suo intuito che già, e ha solo sei anni, sente il bisogno
di mascherare con una voce da duro che non si lascia certo intenerire da una
nonna. Ma è quasi ora di cena, forza,
fai ‘sti pensierini.
Mica semplice.
<<Dai scegli “cinghiale”,
cominciamo da qui>>.
<<Non mi viene in mente
niente …>>, sospira.
<<Perché non scrivi: a Roma
è facile imbattersi in un cinghiale?>>
Niente da fare. Figlia boccia la
proposta. Sostiene che le maestre capirebbero che non è farina del suo sacco.
Vabbè, peggio per voi dico, tagliati fuori dalla cronaca, dall’attualità. Non
se ne parla. Lorenzo pensa a costruire un pensierino con cinghiale. La faccenda
è più complicata del previsto. Si divincola sulla sedia. Forse piangerà perché
ci tiene a fare i compiti per bene e teme stavolta di non riuscirci.
Allora rilancia Figlia, solerte, ispirata e suggerisce di
scrivere:
<<A me piace il salame di
cinghiale!>>.
Le guance di Lorenzo si colorano
(lui è tutto chiaro, i capelli, la pelle) , mi guarda, gli occhi allargati di stupore e disagio, e scoppia a ridere forte. Un riso imbarazzato, gli
dispiace quel che ha detto la mamma ma la ama talmente, è talmente adorante, che mai e mai e mai si mostrerebbe critico nei confronti di qualsiasi
cosa venga da lei. Però sa che mi piacciono i cinghiali e che non mangio carne
quindi quel pensierino volonteroso, suggerito dalla sua personalissima dea
della Giustizia, della Bellezza e della Verità, lo mette in croce, afferma una realtà scomoda da ammettere davanti alla nonna vegetariana a cui sa leggere nel
pensiero. Ride Lorenzo e io lo guardo e rido con lui, “ho capito” gli dico muta,
ho capito che ti dispiace che io possa pensare che davvero in te la parola “cinghiale”
evochi solo una lunga fila di salsicce.
Così Lori, il nostro Piccolo Principe,
stessi capelli, stesso sguardo, stesso garbo, stesse spiazzanti intuizioni,
stessa surreale saggezza dell’originale.