UNA PER UNO

UNA PER UNO
babbucce

lunedì 26 settembre 2011

GRANDEZZE INDESIDERATE

Quando mi ci è caduto l’occhio sopra ho pensato: sono su Scherzi a parte. Scherzi a parte, nuova formula: la vittima non è un volto noto, ma per sopperire ci resterà secca.  
Dietro al tavolo dei relatori, nella stupenda libreria dove si stava svolgendo la presentazione del mio libro (vedi post precedente, “Comunicazione di servizio”)  c’erano file e file di  scaffali a formare una parete di libri. Perfettamente al centro della parete, in modo da essere catturati dallo sguardo di tutti gli astanti, in piedi o seduti o di passaggio che fossero,  campeggiavano larghi volumi dalla rilegatura pregiata, volumi d’arte parevano.
Volumi tutti uguali, con copertina patinata su cui spiccava a caratteri cubitali il seguente titolo:  THE BIGGEST PENIS IN THE WORLD. Sotto, più in piccolo, a beneficio di chi l’inglese non lo conosce bene, una foto chiarificatrice rappresentata da uno dei più straordinari esemplari riprodotti all’interno nell’opera.
La presentazione era iniziata da pochi minuti, ho immaginato che la candid camera sarebbe apparsa a momenti, ma poiché non accadeva nulla, mi sono allontanata con l'intento di non farmi notare, per quanto consentito dal fatto di trovarmi davanti a una platea,  al centro di un tavolo di relatori e di essere colei che moderava la discussione. Con lo sguardo dei presenti incollato addosso come se fossi il pendolo di un ipnotizzatore mi sono sparpagliata per la libreria alla ricerca della responsabile. L’ho trovata in fretta e le ho fatto notare che come sfondo per la presentazione di un libro dedicato alla cura del bambino una fila di peni spettacolari per dimensione e, per di più, nel pieno esercizio della loro funzione, non era forse l’immagine più adatta. Si è detta d’accordo almeno in linea di principio (che a ben guardare qualche attinenza ci poteva pure essere)   quindi ha chiamato un paio di commessi e, insieme a loro, si è diretta verso la parete hot. Poi i tre si sono accucciati e appiattiti quindi,  rapidi come sorci e lievi come ballerini della Scala, hanno iniziato a scivolare dietro le sedie degli ignari relatori, allungando le braccia per togliere i libri inopportuni.  Come dicono i cinesi: ben vengano i piccoli intoppi, gli incidenti minori (gomma bucata; macchia sulla camicia; sugo bruciato; peni giganteschi che trionfano durante la presentazione del proprio libro) perché mettono al riparo dalle Grandi Catastrofi (smarrimento del cellulare con relativa rubrica telefonica, tanto per dirne una, interruzione improvvisa della corrente elettrica un istante prima di aver salvato il file, tanto per dirne un’altra). Da quel momento in poi è andato tutto bene. Talmente bene che a un certo punto è arrivato Nipotino (con Figlia e amiche). Era elegantissimo, vestito di bianco e di blu e pettinato con la riga, un minuscolo Rodolfo Valentino, ma molto più affascinante. Parola di nonna.    

venerdì 23 settembre 2011

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO

Domani presenterò a Bergamo il mio ultimo libro, dedicato a Nipotino (ma va?). Se mai qualche amica (o qualche amico) del blog si trovasse a passare di lì (che si sa benissimo che tutte le strade conducono a Bergamo,  proprio - quando si dice il caso - alla libreria di via XX Settembre n°78)  potrebbe affacciarsi così potrem(m)o  conoscerci. Oltre a me,  saranno presenti pediatri e psicologi a cui le mamme e le nonne, i papà e i nonni (e anche le zie o chiunque abbia a che fare con i bambini) potranno esporre i loro dubbi e rivolgere qualsiasi domanda. Una preghiera: se doveste mai venire, fatevi riconoscere: la parola d'ordine è: nonnasidiventa (originalissima, vero?)  Qui sotto l'invito ufficiale

Melbookstore Bergamo
Via XX settembre 78/80
Tel. 035.230130

Sabato 24 Settembre ore 17.00

Laura de Laurentiis
presenta
Il grande libro italiano del bambino
Rizzoli

E' stato scritto con la consulenza di alcuni tra i più prestigiosi nomi della pediatria italiana  (tra gli altri,  i medici più autorevoli del “Gaslini” di Genova, del “Bambin Gesù” di Roma, della Mangiagalli di Milano). E' un'antologia del loro pensiero, nata per offrire alle mamme un sostegno prezioso e tutte le risposte ai dubbi più comuni. Nelle sue 400 pagine c'è tutto ma proprio tutto quello che occorre sapere quando in casa arriva un bebè.

giovedì 22 settembre 2011

ANCORA SULLA DEGENZA

Mentre Bisnonna si dirigeva verso la nursery con la sua andatura regale e senza dubbio fashion, per via del tacco 12 (su scarpe Manolo Blahnik, alla faccia della crisi e di quella tendenza alla sobrietà propria di tutte le altre donne della famiglia) e mentre si aprivano scommesse su chi fosse – un’attrice; il direttore di Vougue Parigi (sul genere “Il diavolo veste Prada”); la zia di Kate Middleton, ramo italiano – è arrivato Lui, l’amico ginecologo, un mito non solo per noi donne della famiglia (e relative amiche) ma anche per centinaia e centinaia e centinaia di altre donne della nostra piccola città. 
Nel suo studio, dotato del più sofisticato apparecchio per ecografie messo a punto fino a ora, transitano gravide di ogni genere, senza distinzione di razza, età, orientamento sessuale, condizione economica. E questo non solo perché è un ottimo e tranquillizzante medico, ha un ecografo tridimensionale e parcelle abbordabili, ma anche in quanto si  è sparsa con insistenza la voce che porti fortuna.
Figlia lo ha abbracciato con trasporto, lo stesso con cui tanti anni fa lo strinse per ringraziarlo di averle portato nella valigetta suo fratello (a proposito della valigetta vedi post “Terza ecografia” del 18 febbraio).
Poi gli ha fornito un sintetico rendiconto del parto (“Ti dico solo che ero disposta a farmi fare l’eutanasia pur di non sentire più quel male cane”), quindi gli ha comunicato  che non avrebbe mai più fatto neanche mezzo figlio, entrando così a far parte di quelle 99 puerpere su 100 che, secondo le statistiche, pronunciano una frase pressoché identica nelle prime 24 ore dopo il parto.
Lui ha annuito, dicendo che certo che sì, che ci credeva senz’altro e poi, per evitare che Figlia si sentisse in dovere di abbandonare la stanza col suo contenuto di amici, si è rivolto a me per chiedermi di accompagnarlo a vedere Bambino nuovo. Dal vivo finalmente, senza più la mediazione del monitor collegato all’apparecchio ecografico (che spesso non rende giustizia all’oggettiva bellezza di un bebè).
Così ci siamo avviati verso la nursery, lontana dalla stanza di Figlia un paio di corridoi. Un ospedale si sa è come un piccolo paese, come un quartiere di una grande città, come uno stabilimento al mare: tutti sanno tutto di tutti, tutti vengono a sapere in tempo reale qualsiasi cosa vi accade. Grazie a un misterioso tam tam, in un amen si è sparsa la voce dell’arrivo di Lui. In breve una folla di puerpere si è accalcata lungo il nostro tragitto, aprendosi rispettosamente ad ala a mano a mano che Lui avanzava. Pareva Mosè che divide le acque del mar Rosso, solo senza barba e con molta meno prosopopea.  
Abbiamo accelerato il passo verso il nido, mentre le puerpere lo salutavano a voce alta. Le più disinvolte cercavano di bloccarlo per raccontargli il loro parto e naturalmente ringraziarlo genericamente “per quanto aveva fatto per loro”. Lui sorrideva a tutte e se gli avessi permesso di seguire il suo impulso si sarebbe fermato, avrebbe chiesto a ciascuna com’era andata, per poi ascoltare le risposte e ancora informarsi di ulteriori dettagli e avanti così senza soluzione di continuità.  Una cosa è certa: se non avessi preso la situazione di petto saremmo ancora lì.
<<Non sei Bruce Spreensting>>, gli ho rammentato velenosamente, così lui ha riso (ignorando quanto fossi acida) e ha tirato dritto, sempre però rispondendo con affabilità ai vari “Buon giorno dottore” che giungevano da più parti. 
Giunti in zona nido ci siamo resi conto che per raggiungere la vetrata bisognava fare a botte. Nugoli di nonni e nonne e giovani zie vi stavano incollati come gechi a una parete di roccia. Dalla nostra postazione, dell’interno del nido riuscivamo solo a vedere una lampada al neon al centro del soffitto. E così mi è venuta l’idea. A voce alta, molto alta (simil pescivendola degli angiporti di Genova) , prendendo Lui del tutto alla sprovvista, ho detto:
<<Venga dottor … (cognome di Lui). Venga a vedere i bambini>>.
L’effetto sfollagente è stato immediato, perché anche i nonni e le nonne  e le giovani zie di questa nostra piccola città conoscono perfettamente il nome di Lui e sanno chi è.  
In un amen si sono spostati tutti, tanto da farci spazio: non so se me lo perdonerà mai, schivo com’è e in più allergico a qualsiasi forma di favoritismo, anche se veniale come lo può essere quello di riuscire a  sbirciare attraverso il vetro di una nursery. Fatto sta che ha potuto guardare Bambino nuovo (il nostro) più altri dieci o undici bambini nuovi, visto che le rispettive mamme, in piedi dietro di noi, gli alitavano sul collo dicendo: <<Ecco guardi: il 272 è  il mio!>>. E Lui, che ci crediate o no, guardava proprio, nel significato pieno del termine, li guardava tutti e li vedeva: ecco lì il 278, e il 281, con la copertina rosa, certo è una bambina.
Lui guardava loro e io affascinata guardavo lui che dopo tutti quegli anni di lavoro e tutti i parti a cui ha assistito e tutti i neonati a cui ha dato il benvenuto nel mondo, accogliendoli tra le mani, riusciva ancora a emozionarsi davanti a un pugno di esserini nuovi di zecca. A un tratto mi è sembrato molto ma molto più giovane di quanto sia in realtà, quasi un ragazzo.  Così la memoria mi ha restituito intatta la frase che più amava ripetere un mio professore e che a me, allora giovanissima, diceva molto poco: provare meraviglia è l’arte che non fa invecchiare mai.  

mercoledì 21 settembre 2011

E’ DI SCENA LA NONNA (DI FIGLIA)

Nipotino è nato sabato 10 settembre alle ore 5.50 (gli amanti della cabala e i cultori di quella scienza inesatta che è la numerologia qui ci possono sguazzare, anche tenendo conto che pure Figlia è nata il 10).
Due ore dopo Figlia sembrava l’addetta di un call center attivato per dare in omaggio 1000 euro di spesa alle prime 100 telefonate.  
Nipotino dormiva placido nel nido dell’ospedale, temporaneamente in prima fila non perché il più bello di tutti i neonati che mai ebbero a transitare in quella nursery, come sosteneva convinto Nonno Putativo (e guai a contraddirlo), ma in quanto per prassi la pole position (culla vicino al vetro) tocca agli ultimi arrivati. Genero Preferito consumava manciate di brioche alla crema con un’aria tra il trasognato e lo sbalordito (con un accenno di esaltazione) identica a quella del neopapà del letto accanto e di tutti i neopapà a piede libero per i corridoi.
Figlia tra una telefonata e l’altra, con tutte le amiche collezionate dalla scuola materna alla laurea, passando per le vacanze-studio e le vacanze-cazzeggio, (sper)giurava che “mai più”,  assicurava (dando la sua parola di medico) che “nessuna donna può essere omologata per sopportare un dolore così ”, citava passi della Bibbia riferendosi a mele e serpenti e all’ingiustizia divina di punire solo Eva (e con lei tutta la discendenza femminile, che manco ne aveva colpa e infatti era più che giusta quella famosa imprecazione). Per finire,  si malediceva per la sua scelta naturista di non richiedere l’epidurale (nonostante gli amici anestesisti avessero cercato di convertirla all’analgesia con le più svariate lusinghe).
In effetti, ci aveva rinunciato ma poi a più riprese durante la fase dilatativa l’aveva richiesta. Ma ormai era tardi. <<Eh, no cara signora, per fare l’epidurale bisogna aver prima fatto degli esami. E un colloquio con l’anestesista>>. Vista la fermezza del diniego da parte degli operatori, aveva invocato che almeno le facessero l’eutanasia, perché non intendeva proprio andare avanti con un male così. Niente da fare, ormai era in ballo e doveva ballare. Vista la mal parata, si è decisa a collaborare e Nipotino finalmente è nato. 
Alle 13, orario di visita dell’ospedale, la stanza di Figlia traboccava di amici e parenti. Sembrava una festa di piazza, con un tocco di sera di natale, per via di una montagna di carte da regalo disseminate ovunque (i doni erano invece in bell’ordine ai piedi del letto e sul comodino, insieme a mazzi di fiori colorati e rigorosamente senza profumo).
Figlia circondate dalle sue amiche (una delle quali, La Mony, soprannominata “the body” per via di un fisico spettacolare) splendeva di luce propria, rideva, raccontava.  Zie, cugine, cognate, nipoti di sangue e  acquisiti esprimevano a voce alta le prime impressioni su Bambino nuovo,  gareggiando in superlativi. Figlia ogni tanto, non certo per smorzare gli entusiasmi, ma per la sua innata modestia ricordava la faccenda dello scarafone. Nonno Putativo si ribellava dicendo che Nipotino era obiettivamente il più bel bambino non solo dell’universo ma di tutte le galassie note e non ancora scoperte. In questo clima da osteria a un certo punto sulla porta si è stagliata una figura femminile. Alta, abbronzata, magrissima e con i capelli rossi, Bisnonna ha sorriso a tutti e si è diretta verso il letto dove stava Figlia. Indossava tacchi 12 centimetri e uno Chanel di seta cruda, bianco e beige con spruzzate di nero (unica al mondo a possedere un abito perfetto per fine estate).
<<E’ mia nonna>>, ha detto Figlia agli astanti.
<<Cioè la bisnonna>>, ha aggiunto per amor di chiarezza.
Nella stanza è calato un silenzio innaturale che si è esteso anche alla puerpera del letto accanto e ai suoi parenti. E all’improvviso tutta l’eccezionalità dell’evento nascita si è ridimensionata, ha ritrovato i suoi giusti contorni.  Bisnonna ha posato un mazzo di  magniloquente, costosissime orchidee sul letto di Figlia, poi con il suo passo elegante, nonostante il tacco 12 (o magari grazie a esso, che su queste cose non si può mai dire) si è diretta verso il  nido per andare a conoscere attraverso il vetro il suo primo bisnipotino.

sabato 17 settembre 2011

CI VEDIAMO ALLE SEI

Mi preparo con estrema cura, mi cambio dalla testa ai piedi,  attentissima anche a certi dettagli (niente bottoni/spuntoni/cerniere/collane/spille), mi spazzolo a lungo le unghie che ho tagliato cortissime, raccolgo i capelli ancora umidi, lavati con uno shampoo che non lascia profumo. Intanto guardo l’ora: manca poco alle sei e io mi avvio verso casa di Figlia sentendomi per la prima volta in perfetto equilibrio tra la ragazza che ero e la vecchina che sarò.  E’ come camminare su una fune larga, da un lato il passato, dall’altro il futuro: io procedo nel mezzo, senza tentennamenti, nè rimpianti nè ansie. Vado a trovare Nipotino e non c’è occasione, evento, impegno lavorativo per i quali rinuncerei a questo appuntamento. Guido con la musica a palla, ma non mi spazientisco ai semafori, non impreco  contro gli imbranati, non mi ribello ai cafoni, non ho fretta. E’ il mio sabato del villaggio questo breve tragitto in auto e me lo godo. Entro in casa di Figlia e prima di tutto faccio qualche coccola alla primogenita – un vecchio bellissimo lupo cecoslovacco – affinché non si ingelosisca, non si senta messa da parte, quindi raggiungo Nipotino.
Alle sei è sempre svenuto, stremato dal troppo latte: ha il piccolo corpo abbandonato, gli occhi semi-chiusi, le guance arrossate. Lo prendo in braccio: è leggero eppure maneggiarlo è estremamente impegnativo. Me lo avvicino al petto, stringendolo appena quel che basta per non farlo cadere (che gli dei mi proteggano da una simile terrificante eventualità) e lo guardo. E’ una tartarughina, è tale e quale a ET, solo molto più piccolo e infinitamente più bello (sia pure anche ET nel suo genere non scherzi). I suoi rari peluzzi biondi sono ben pettinati, con un accenno di riga alla Rodolfo Valentino. Voglio  il resoconto dettagliato delle ultime 24 ore. Scusami Figlia non è per invadenza, non è mio intento controllare e meno che mai esprimere giudizi,  sei la più brava mammina del mondo, non ho nulla da insegnarti, solo da imparare. Sei allegra, piena di energia. Non ti celebri. Non enfatizzi il dolore che hai provato. Non sottolinei la tua nuova fatica, affermi di non sentirla neppure. Sei irriverente nei confronti della sublimazione della maternità ma tieni Nipotino accozzato a te, offrendogli latte a volontà, mentre gli sussurri le parole segrete e sconclusionate e dolci delle mamme. Mi fai troppo ridere quando dici che sei la Mucca Carolina, perché non c’è nulla di più lontano da te – di nuovo efebica dopo solo sette giorni dal parto -  di un bovino.  E’ che mi interessa proprio cosa fa Nipotino, come se la cava nel mondo.  Figlia racconta e io un po’ ascolto un po’ corro avanti col pensiero, immaginandomi mentre gli terrò bordone quando sarà un ragazzo: come minimo appena avrà preso la patente gli presterò la mia macchina senza chiedergli quando me la riporterà. Nonno Putativo ci raggiunge dopo un po’. Si lava le mani, poi si siede e apre le braccia affinché gli serva Nipotino. Va be’, lo accontento: lui lo prende e se lo appoggia sulla pancia. Nipotino, pur sparendo così spalmato contro di lui, appare soddisfatto della sistemazione: un nonno di due metri di altezza per un metro e mezzo di larghezza in effetti è un ottimo sofà. L’interrogatorio per Figlia ricomincia: Nonno Putativo a sua volta vuole sapere tutto e non di seconda mano. Le notizie che vuole da Figlia, che è la prima mano, la fonte diretta, riguardano numero di poppate, colore della cacca, frequenza dei cambi di pannolino, stato del cordone ombelicale, intensità del pianto. Al termine del bollettino (invidiabile) a malincuore restituiamo a Figlia la sua cozzetta, quindi ci avviamo alla porta.
<<Ci vediamo domani alle sei>>, mi dice Figlia.      

giovedì 15 settembre 2011

ERA QUESTO

Era questo. Questo il motivo di tutte le scelte fatte d’istinto, di certi errori inammissibili. Era questo il motivo per cui tanti anni fa sfidai l’ira di mio padre e le tragedie che metteva in scena, che neanche Eschilo in persona, pur di fare quella vacanza.
Era questa la ragione delle esperienze che ho deciso di vivere, dei rischi che ho voluto di correre, degli sbagli che ho commesso, dei progetti che ho rincorso (caparbia come un mulo), di quanto insomma ho compiuto influenzando, più o meno accidentalmente, la vita di Figlia.  Era questo.
“Era questo”: due parole semplici, il mio primo pensiero davanti a Nipotino. "Era questo, questo": le due parole semplici che mi frullavano in testa  mentre sniffavo il suo odore fragrante di bambino nuovo, latte e caramello e una nota lieve di abissi marini.   
Era lui l’obiettivo che dovevo raggiungere.
Davanti alla sua culla tutto mi è stato chiaro: il destino ha fatto il possibile affinché non mi distraessi, non cambiassi strada. Un destino tenace e gentile, a cui non posso e non potrò davvero chiedere nulla di più.
Nipotino è il perdono, è la scusa, è il condono: con i suoi tre chili scarsi (il calo fisiologico è stato vicino ai due etti) ha riscattato sbagli e follie, intemperanze e fallimenti e, allo stesso tempo, reso incolori le (poche) vittorie. Nipotino è la medaglia d’oro appuntata al petto. E’ la coppa, il trofeo, è la bandierina sulla luna.  
Nipotino è nipotino e io invoco i poeti  violenti e appassionati della mia giovinezza – Catullo, Neruda – affiché mi suggeriscano per lui parole di benvenuto diverse dalle  banalità tipiche dell’amore.  Dalle banalità perfette per i foglietti dei baci Perugina che mi vengono in mente a frotte quando lo guardo, irrimediabilmente innamorata di lui di un amore ingenuo e naif (come, a mia discolpa, mi avevano predetto sarebbe stato, perché tutte le nonne amano così).      

sabato 10 settembre 2011

RUBATA

E’ stato Nonno Putativo a scattare questa foto di straforo, per se stesso, per me, per il blog.


La guardiamo e la riguardiamo, senza parole, ripensando a quell’odore fragrante di bambino nuovo. Un regalo della vita.

venerdì 9 settembre 2011

E' QUI

E' bruttissimo. E' bellissimo. Si è attaccato al seno subito, coscienziosamente, per non perdersi neanche una goccia di quella prelibatezza che è il colostro.  E' nato stamattina alle sei.  Il bavaglino qui sotto l'ha ricamato per lui (per noi) Antonella, nonna di fresco di Federico, che col punto croce ci ha preso la mano. 




CI SIAMO

Non è proprio paura, ma piuttosto un’ansia adrenalinica in bilico tra l’angoscia e l’eccitazione. E’ un po’ come quando gioca la squadra del cuore, come quando un figlio gareggia per la prima volta ed è a un passo dall’aggiudicarsi la vittoria.
E’ un sentimento simile al tifo sportivo, ma più intenso, emozionante e spaventoso.  Solo ieri aveva  due codini a scopetta, i sandali di pelle blu coi buchi e camicine col collo rotondo di pizzo. Era una bambina dolce e assennata, incline al buonumore e alla felicità. Era anche molto abitudinaria, soprattutto per le poesie.  <<Mi leggi quella della piccola donna quando piove?>>, mi chiedeva almeno una volta al giorno e non c’era affatto bisogno che la leggessi perché ormai la sapevo a memoria: Di fuori una gonna di gomma, cappello di gomma, mantello di gomma, stivali di gomma ma insomma di dentro c’è una piccola donna… Si sentiva rappresentata da questi versi ingenui, perché anche lei aveva un impermeabile con la mantellina e il cappello da pompiere da cui uscivano i codini a scopetta, legati con due piccoli fiocchi rosa.  
Adesso la mia piccola donna è in ospedale e sta per diventare mamma. Tutto quello che posso fare ora è unirmi idealmente alle altre donne che amo e che Figlia ama e che amano Figlia (le mie amiche più care, le mie cugine, le mie nipoti, le mie cognate) affinché il nostro pensiero femminile le giunga a sostegno, si trasformi in un’energia vitale potente e affettuosa  che le renda  lieve la grande fatica che sta per affrontare.  

giovedì 8 settembre 2011

NON E’ DETTO

<<Allora?>>
<<….>>
<<Dai, che ti ha detto?>>
<<Ha scritto nella mia cartellina: Travaglio di parto iniziato>>
<<Cioè?>>
<<Sì: ha scritto così>>
<<E adesso dove sei?>>
<<Sono tornata a casa>>
<<Ma come?>>
<<Sì, mi ha detto di andarmene a casa e starmene bella tranquilla>>
<<Ma come bella tranquilla? Ma non hai male?>>
<<Un po’. Ma lui ha detto che ancora non è quello giusto e di contare ogni quanto mi viene>>
<<E poi?>>
<<Poi niente. Devo chiamarlo stasera alle otto>>
<<Ma se il dolore aumentasse? E se fosse ravvicinato, una fitta dietro l'altra da lasciarti senza fiato? Un mal di schiena da piegarti in due?>>
<<In quel caso mi ha detto che dovrei andare in ospedale>>
<<Ah ecco, appunto. Manco mal che si usa ancora così>>
<<Non illudiamoci. Magari non è ancora il momento>>
<<Ma che dici? Carta canta! L’ha scritto nella cartellina>>
<<Sai, magari l’ha segnato per tirarmi su, ma non è mica detto>>
Non ho mai visto Figlia così sfiduciata. Si è messa in testa di avere tante probabilità di partorire quanto quelle di riuscire a far passare un cammello  per la cruna di un ago. 
E invece secondo me ci siamo.  

mercoledì 7 settembre 2011

SOLO TRE PAROLE

Non è così poco da imporre di indurre il parto. Non è abbastanza da permettere di eseguire un’ecografia in 3 D e quindi di vederlo bene in faccia. Così è il liquido amniotico, oggi 7 settembre 2011. Nipotino si muove al rallentatore nella pancia, Figlia  cammina, salta, balla, fa acqua gym, pulisce la casa, sposta mobili, ma non sucecde niente. L’amico ginecologo, durante il controllo di stamattina,  ha detto che non è ancora il momento di intervenire, che bisogna aspettare i ritmi della natura (ci mancava la nota new age).  GP ha detto che a lui va bene così, vedere il figlio ogni giorno grazie alla sonda dell’ecografo e poi tornare alle proprie faccenda ci può stare in quest’era telematica. Futuro Nonno Putativo sbuffando come una foca monaca e irritatissimo con me (lui è di quelli che dal raffreddore all'AIDS è sempre colpa della mamma)  ha detto che così non si può andare avanti. Io ho detto (su suggerimento di un’amica dell’ultima ora) che ci sarebbe un modo naturale e piacevole per sollecitare l’inizio del travaglio, ma sono stata accolta da fischi e lanci di pomodori.
In questo tripudio di gente che dice,  solo tre parole contano davvero e sono quelle che ha pronunciato al termine della visita di controllo Lui, l’amico ginecologo:
<<Ci vediamo domani>> (ovvero, anche per oggi nisba).

martedì 6 settembre 2011

SI’ VA BE’

Stamattina Figlia è andata a farsi controllare: a questo punto della gestazione (41ma settimana finita) è diventato d’obbligo verificare spesso la condizione di Nipotino. Così ha saputo che va tutto bene e che di grandi avvisaglie non ce ne sono. Vedendola un po’ mogia, Lui, l’amico ginecologo, ha cercato di rincuorarla comunicandole che il liquido amniotico è notevolmente diminuito di quantità, come di fatto succede (ma tu vedi la fortuna) quando una gravidanza volge al termine.
<<Vorrei di più>>, ha detto Figlia. <<Per esempio, che nascesse>>.
<<Quello accadrà>> le ha garantito Lui.
Ed è questo che mi sono sentita riferire da Figlia quando finalmente mi ha chiamato per aggiornamento:
<<Ha detto (soggetto sottinteso, il ginecologo) che nascerà>>
<<Sì, va be’, grazie mille>>
<<Chi si accontenta gode>>, ha sentenziato lei.
Andatelo a dire a Nonno Putativo che oggi si è preso un giorno di vacanza perché “sentiva” che sarebbe nato. E se ne approfittasse per pulire un po’ di vetri?  Ho provato a suggerirglielo ma si è ammutinato (polemicamente).     

lunedì 5 settembre 2011

MACCHE’

<<E’ nato?>>
<<Macchè>>
<<E allora?>>
<<Nada>>
<<Novità?>>
<<Ciccia>>
<<Previsioni?>>
<<Nessuna>>
Nipotino fa l’ostruzionismo e noi non possiamo far altro che rispondere con dinieghi sconsolati alle telefonate degli amici, i quali cominciano a sospettare che la gravidanza di Figlia sia un’invenzione letteraria, cioè una sola.  Futuro Nonno Putativo è il più risentito di tutti. Vive questo ritardo come un affronto che il destino ha voluto ingiustamente perpetrare nei suoi confronti e vorrebbe che ogni 30 secondi chiamassi Figlia per sapere come sta, nella speranza di apprendere che si trova in preda ai più terrificanti e regolarmente distanziati dolori  che la storia dell’ostetricia ricordi.  
Ma Figlia sta benissimo. Fortuna vuole che Lui, l’amico ginecologo, le abbia fissato un controllo in mattinata: così sapremo se Nipotino potrà rimanere indisturbato nella pancia fino a quando il travaglio avrà spontaneamente inizio, oppure se sarà necessario dargli una spintarella con il gel di prostaglandine (primo step del “pilotato”) e poi, eventualmente, con l’ossitocina (secondo step).   

domenica 4 settembre 2011

COSE DELL’OLTRETERMINE

Stamattina Figlia mi ha telefonato per informarmi di una novità che le ha riacceso il lumicino della speranza di partorire. Prima di lasciare che mi producessi in quelle sette-ottocento riflessioni tipiche di qualsiasi quasi nonna a fronte di una simile notizia,  mi ha pregato di non farne parola nel blog:
<<E’ cosa privatissima, oltretutto non interessa a nessuno>>
<<Ma…sono mesi che aspetto…avevo anche il titolo giusto…un gioco di parole…una metafora sulle bottiglie di champagne…>>
<<Naaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, pietà! Puoi invece accompagnarmi  a camminare. A questo punto più si cammina più si accelera>>
Cosa non si fa per conoscere un Nipotino. Sono andata a prenderla a casa sua per partire da lì alla volta della parte alta – molto alta e raggiungibile a piedi solo attraverso strade dissestate e in notevole salita – della nostra città a due piani. Neanche a dirlo pioveva e faceva caldissimo, quel caldo umido e appiccicoso che fa sentire agili come palombari dispersi sulla terra ferma e a proprio agio come pipistrelli sotto il sole di mezzogiorno. Appena ho visto Figlia, le ho chiesto notizie di eventuali dolori lancinanti, di eloquenti fitte, di inequivocabili contrazioni dolorose. Ero speranzosa tale e quale a Maga Magò nella Spada nella roccia (sequenza “arrivo nella capanna di Semola trasformato in passero) e come lei ero pronta a dire: “Stai male? CHE BELLEZZA!”, ma Figlia stava benissimo (ahimè, ahinoi).
Abbiamo cominciato a salire: di tanto in tanto Futuro Nonno Putativo, che non sta più nella pelle per l’ansia di vedere Nipotino, chiamava chiedendo se per caso fosse iniziato il travaglio-chimera e anche, già che c’era, notizie su eventuali progetti per il pranzo, senza ottenere mai una risposta confortante né per un verso né per l’altro (in questo lungo ed estenuante sabato del villaggio si mangiano solo patatine fritte e cornetti Algida).  
A un certo punto della passeggiata abbiamo incontrato una coppia di amici di Figlia (Federica e Alessandro) che avrebbero trovato una migliore e più adatta (nonché attualissima) collocazione sul red carpet di Venezia (lei tale e quale a Keira Knightley, lui una via di mezzo tra Scamarcio e Bova, ma con meno affettazione) e ci siamo fermate.
<<E allora?>> le hanno chiesto
<<Dunque stamattina ho….>>
<<ZITTA!>>, hanno esclamato. <<Qualunque cosa sia, preferiamo leggerla nel blog: è per amor di suspence>>.  
<<Non mi lascia scriverlo>>, ho spiattellato io
<<Come no? E perché mai? Ma per favore…Ma è il minimo che ci si aspetta…>>, ha decretato la coppia fashion.
<<Con discrezione, però, con un giro di parole>>, ha capitolato Figlia, in netta minoranza con la sua inspiegabile smania di privacy.
Dunque, oggi, ehm, 4 settembre, alle ore nove circa, si è verificato un fenomeno che ricorda un po’ quello che accade durante i brindisi e che autorizza a credere:
a) che Nipotino non sarà feto-per-sempre 
b) che Figlia non aspetta Dumbo (21 mesi di gestazione) ma un cucciolo di tipo umano 
c) che il travaglio vero e proprio, con efficaci doglie e regolamentari fitte ad altezza reni potrebbe iniziare anche stanotte.  

sabato 3 settembre 2011

NIENTE DA FARE

La categoria delle oltretermine, di cui fanno parte le incinte giunte alla fine della 40ma settimana di gestazione, costituisce un universo a parte, avulso dalla realtà circostante e, più in particolare, da quella delle gestanti che partoriscono in coincidenza dell’epoca presunta (cioè 280 giorni esatti dopo la data dell’ultima mestruazione) o addirittura prima. Le future mamme oltretermine entrano in una dimensione fatalistica, di quieta rassegnazione dettata dalla certezza (irragionevole ma inossidabile) che il bambino non nascerà mai. Che rimarrà per sempre nella sua nicchia dove di fatto non gli manca proprio nulla (esclusa una certa libertà di movimento).
<<Me la sono messa via>>, mi ha detto Figlia stamattina al telefono.
<<Via cosa?>>
<<L’arrivo di lui, di Dumbo. Elephant-baby. Mi ci vuole ancora un anno.>>
<<Dai su, uscirà, fidati di me. Ti ho mai detto bugie?>>
<<Boh. Sarà. GP (genero preferito) ha detto che va bene anche così, che quando si tratta di figli bisogna accettare qualunque cosa, anche di averne uno feto-per-sempre, fisso e inamovibile nella pancia. Ha detto che ogni tanto, magari un sabato ogni due, potremo sempre andare a fare un’ecografia per salutarlo. Be’, dai mi ha fatto ridere>>.
Le oltretermine hanno un curioso senso dell’umorismo.   

giovedì 1 settembre 2011

UN DETTO POCO CHIARO E TAGORE PER NIPOTINO

Nipotino non si decide a nascere. Figlia cammina come l’ebreo errante e quando non cammina fa le scale e quando non fa le scale fa i mestieri (tra lo sconcerto di tutte le donne della nostra famiglia allargata che piuttosto che pulire la casa sono - o sarebbero state - disposte a entrare nel Guinness dei primati sotto la voce “massima durata di una gravidanza umana”).  Nipotino non si decide a nascere e Figlia guarda sconsolata la sua agenda lasciata in bianco dal 30 agosto fino al 7 settembre: abituata ad avere il massimo controllo del suo tempo e della sua vita (ma da chi avrà preso?) era convinta che tutto – parto, montata lattea, ritorno a casa dall’ospedale, inizio dell’ allattamento, riduzione del numero delle poppate giornaliere da 10 a 4 – si sarebbe svolto in questo specifico lasso di tempo e che poi, dal giorno 8 settembre in avanti, le sarebbe stato possibile riprendere qualche attività extrapuerperale (anche di tipo lavorativo).
Nipotino non si decide a nascere e io ieri ho chiamato Lui, l’amico ginecologo (sì, l’ho fatto uccidetemi!) giusto per chiedergli se potevo contare su qualche chance che 'sto bambino venisse al mondo.
<<Hai fretta?>>, mi ha chiesto con una sfumatura di disapprovazione nella voce (secondo lui Nipotino a stare nella pancia un altro po’ non può che guadagnarci)
<<No, no>>, ho risposto falsa come una Vuitton acquistata in spiaggia.
<<Meglio così>>, ha tagliato corto lui, concludendo con un sibillino “A tempo debito” (anche mia nonna diceva così, non ho mai capito fino in fondo il senso di questa affermazione).
Dopo aver chiuso la telefonata (da cui ho ricavato ben poca soddisfazione) per ingannare l’attesa mi sono dedicata un po’ al Quaderno (formato piccolo, a righe, con la copertina nera) in cui da qualche mese copio a mano (con uno sforzo estremo, data la mia pessima grafia)  le poesie e i brevi racconti che  mi piacerebbe un giorno (chissà quando, però magari neppure troppo in là nel tempo) leggere a Nipotino.
Ho iniziato il Quaderno con questi versi di Tagore:   
Da dove arrivo? Dove mi hai trovato?
Così chiese il bambino alla sua mamma.
E la mamma gli rispose:
Tu eri nascosto nel mio cuore. Tu eri il mio desiderio.
Tu eri nelle bambole della mia infanzia, in tutto quello che volevo.
Tu eri in tutti e miei amori, nella mia vita,
nella vita di mia madre tu già c’eri.