UNA PER UNO

UNA PER UNO
babbucce

venerdì 24 giugno 2011

COSE DA NONNI 1

Mio nonno, per la partita di scopa d’assi che facevamo insieme ogni domenica, voleva che ci sedessimo lungo il lato destro del tavolo. Dietro alle sedie dove ci mettevamo noi bambini c’era un mobile con specchiera, su cui si riflettevano le nostre carte. Giocavamo a soldi, si arrivava fino a 100 lire. Per i primi 30-40 minuti vinceva tutto lui. Finiva le nostre fiches e ci faceva firmare speciali cambiali inventate da lui, in cui ci impegnavamo a saldare il nostro debito dedicandoci ai lavori più umili: togliere a una a una le lumache dal suo orto, spazzolargli le scarpe fino a farle brillare, tritare il pane secco per i passeri poveri della città che lui nutriva a centinaia.
Poi, dopo averci spiumati come galline arrosto, ci proponeva il “O si fa l’Italia o si muore!” che stava a significare giochiamoci il tutto per tutto in un’unica fatale partita. Che voleva dire: io metto in palio tutte le cambiali che mi avete firmato (e che mi garantiscono scarpe lucide e briciole per i miei passeri da qui all’eternità) più tutti i vostri soldini (accumulati in settimane e settimane di sudatissime paghette) perchè mi piaccione le emozioni forti, mi piace il brivido dell'azzardo, mi piace dire "o la va o la spacca".
<<Perché nonno vuoi rischiare?>>, gli chiedevamo noi, sinceramente interessati, vivamente affascinati. Era il mio eroe (uno dei pochi eroi, molti altri non ce ne sono stati).
<<Perché sì>>, rispondeva lui, convinto che gli adulti non dovessero affatto dare ai bambini spiegazioni  sul loro operato più dettagliate di così (magari avessi recepito il suo dogma, quanta energia avrei risparmiato coi miei figli).  
<<Dai dai dai>>, dicevamo allora, con gli occhi lucidi per l’eccitazione e il cuore in gola per l’ansia di vincere. <<Siediti nonno, mischia le carte…>>
E il nonno mescolava, distribuiva e poi barava di nuovo vergognosamente ma stavolta alla rovescia, a nostro favore. Non guardava nello specchio alle nostre spalle le carte riflesse che tenevamo strette tra le dita sudate e, in più,  veniva colto da temporanee amnesie per cui non riusciva più a fare le somme:
<<Nonno avevi il fante e c’erano in terra un cinque e un tre: facevi scopa! Cinque e tre fa otto!>>
<<Oh povero me>>, diceva lui, <<oh povero me, a furia di vincere mi sono dimenticato che cinque e tre fa otto. Oh povero me…>>
E noi ridevamo e facevamo una scopa, due scope, sette scope fino a rivincerci tutta la posta, più qualche nuovo soldino che lui toglieva da un minuscolo portamonete odoroso di cuoio.   

venerdì 17 giugno 2011

LO GIURO, ERA SOLO IERI

Vi assicuro che appena ieri ero una ragazza. Ma mica solo io.  Anche Fiorella lo era. Anche Franca, Loredana, Ezio, e la Anto e Caterina e Raffaele erano ragazzi. E giuro che appena ieri, guardando le mie unghie, solo ai daltonici non veniva spontaneo chiedersi se i verdi luminescenti, i rosa shock, i blu cangianti dei miei smalti fossero stati comprati prima o dopo le camicette della stessa identica sfumatura di colore, per dare vita a quel perfetto gemellaggio cromatico. Un po’ come la faccenda dell’uovo e della gallina.  
E dei jeans ne vogliamo parlare? Solo ieri tutti noi li indossavamo, come una divisa: erano sdruciti, passati in candeggina, aderenti da togliere il fiato e con la vita bassa esattamente come quella che oggi propone un gregge di stilisti copioni.
Solo ieri ci sentivamo affascinanti e lo eravamo, perché trasgressivi il giusto, carini e  pazzi. Ci eravamo appena seduti al tavolo verde della vita e le nostre tasche erano piene di fiches. E' successo ieri ed è per questo che anche se di quanto sta accadendo (o è già accaduto) ne parlo come se fosse una circostanza naturale in realtà sono profondamente stupita. Di più: incredula. Ma è ancora poco. Diciamolo: allibita. Allibita che tra una manciata di mesi Fiorella diventerà nonna. E che Ezio, Raffaele, Loredana, Franca nonni lo siano già. E, per dirla tutta, il fatto che io, proprio io, la ragazza di ieri, tra circa dieci settimane (dieci settimane, appena due fogli e mezzo del calendario dedicato al Santo della mia città perduta – a proposito, perché mi arriva anno dopo anno? Chi è il misterioso mittente di questo dono così kitsch che adoro come pochi altri doni? Se si svelasse lo potrei almeno ringraziare) avrò un Nipotino mi lascia ecco sì, lo dico: sgomenta. Ma non per Nipotino eh, intendiamoci bene. Nipotino mi piace eccome. E’ che sono io che non riesco bene a entrare nella parte. I miei amici che già la stanno interpretando dicono che poi viene tutto facile. Che il copione è liscio liscio e se ciò non bastasse si può andare a braccio. Che l’improvvisazione è gradita. E, soprattutto, che ai Nipotini nuovi di zecca questi nonni vanno (o andranno) a genio.
Sarà  perché avevamo la cintura dei jeans ben due spanne al di sotto della cresta iliaca,  ammiravamo incondizionatamente le gesta dei sessantottini – mitici fratelli di 10/15 anni maggiori -, sapevamo (e mai abbiamo dimenticato)  tutto Guccini (piangendo su Canzone di notte, ridendo sull’Avvelenata, aprendo scellerati dibattiti su Piccola città) ?  Be' se le ragioni fossero davvero queste, che strabiliante marcia in più dimostrerebbero di avere i nostri Nipotini nuovi di zecca.

giovedì 16 giugno 2011

PER TUTTO C’E’ UN PERCHE’

<<Ovvio: stanno crescendo i capelli>>, annuncia con fierezza.
<<E chi è? Raperonzolo? Medusa? Sansone? Ma dai…pietà…ragiona…..>>, chiedo io.
<<Ma ragiona tu. Si sa benissimo…. al sesto mese crescono e, infatti, al sesto mese lo stomaco brucia>>, insiste lei.
<<E cosa deve fare secondo te? Scolarsi un flacone di Ricci sublimi, lozione ammorbidente?>>, domando io (con grossolana ironia).
<<….Ah-Ah-Ah, molto spiritosa. Ma com’è che non capisci? E sì che hai avuto due figli. DUE FIGLI ...>>.
<<Pelati…>>, specifico io.
<<Ecco perché non ti è bruciato allora>>, trionfa lei.
<<Ma veramente i medici dicono che …>> , azzardo io (giocandomi la carta della scienza)
<<I medici: ah-ah-ah belli quelli, ah-ah-ah…>>
Così una mia vecchia conoscenza incontrata per caso a cui ho raccontato che Figlia in questo periodo (29ma settimana quasi finita) è un po’ provata dalla pirosi gastrica gravidica, che i medici (ah-ah-ah) si ostinano a ritenere  conseguenza dello spostamento verso l’alto dello stomaco. E invece sono i peluzzi che già ornano la testa di Nipotino la causa del bruciante problema: come non pensarci prima? Era talmente semplice.

giovedì 9 giugno 2011

COME (QUASI) DI SICURO NON SI CHIAMERA’

Nonno Putativo non se ne fa una ragione che “Pietro”  sia stato cestinato. A lui piaceva. Ai suoi colleghi piaceva. Ai suoi clienti piaceva. Ai suoi amici d’oltreoceano, che sente via skype, piaceva.  Piaceva anche all'avvenente signora che gli vende il Gratta e vinci (ufficialmente uno alla settimana da 2 euro, ufficiosamente non so e preferisco non indagare). Un tale tripudio di consensi lo tranquillizzava e appagava. Per consolarlo gli ho detto che questo cambiamento potrà girarlo a suo favore, in quanto gli offre un nuovo spunto per le sue conversazioni, ormai da mesi monotematiche. Dovete, infatti, sapere che Nonno Putativo si comporta come una puerpera primipara (attempata): non parla d’altro che di Bambino Nuovo senza l’attenuante che lo stesso sia almeno già venuto al mondo.  Un colpo di scena come questo del nome repentinamente accantonato e non sostituito potrebbe regalargli maggiori chance di risultare un po’ meno soporifero per i suoi interlocutori.
Niente, non gliene importa niente di una simile interessante opportunità. Ha un’idiosincrasia per i sassi gettati nello stagno, lui non ama gli scossoni, non ne ha bisogno per sentirsi vivo.
<<Ma qual è la rosa dei nomi papabili?>> ha chiesto con uno sbuffo di risentimento.  
<<La rosa dei nomi…mmmm….Sai che mi hai dato un’idea?>>, quindi sono corsa di filato sotto casa dove da qualche tempo è stato aperto un provvidenziale emporio cinese, una sorta di Harrod’s dei poveri, divertente, per farci un giro, come un luna park ma con attrazioni molto meno costose.
Per l’accettabile cifra di due eulo ho comprato una gigantesca rosa gialla, con corolla di stoffa, gambo di filo di ferro, foglie di un’oltraggiosa plastica verde. Tornata a casa, mi sono piazzata davanti a Nonno Putativo con un pennarello nero, indelebile, punta fine.
<<Ecco qui la rosa… dei nomi…>>
<<I nomi …della rosa…?>>
<<Bella questa…ah…ah…ah…Ottima davvero, molto colta direi... Ma adesso al lavoro…Dai sono sei petali: tre per te, tre per me…>>
E così io e Nonno Putativo abbiamo scritto all’interno dei petali sei nomi maschili di nostro gradimento (sotto, più in piccolo, data dell’onomastico e origine, quando si dice servizio completo).  Poi abbiamo avvolto la rosa in una bella carta da fiori e l’abbiamo portata a Figlia, nella quasi certezza che, Bastian Contrario com’è su questo fronte,  in seguito alla nostra iniziativa avrà sei nomi in meno da prendere in considerazione. Ecco quali: Aligi; Dario; Lorenzo; Marcello; Marco; Paolo.    



mercoledì 8 giugno 2011

FUMATA NERA PER IL NOME (DOPO LA BIANCA)

L’avevo detto a tutti che l’accordo tra Figlia e Papà Di Bambino era stato raggiunto o, meglio, avevo avvisato tutti che la fumata finalmente era stata bianca.  Il nome di Nipotino la settimana scorsa era stato scelto e approvato da entrambi. Finalmente ne avevano scovato uno che soddisfaceva tutti e due: maschio e tradizionale, un pizzico scanzonato eppure classico, abbastanza corto da non lasciare spazio ai diminutivi (non amati in famiglia) ma non così lungo da rendere spiacevole usarlo per esteso. Un nome italianissimo, che sa di storia e di chiese e di Grande Fratello, che era anche quello di mio padre e di un imprecisato numero di padri di altrettante amiche carissime. Il nome di tutti i miei libri, scritto in stampatello sui frontespizi, per ricordare con lievità agli amici  che li prendono in prestito di riportarli indietro. (Già: la rima favorisce la riottosa dinamica della restituzione di un libro, provare per credere). Dunque il nome c’era, l’avevamo, era nostro e io mi sono premurata di comunicarlo ad amici, parenti, conoscenti vicini e lontani. Ero a un passo dal farci un post, che meditavo di articolare con suspance seguita da colpo di scena. Nell’arco dell’ultima settimana mi sono giunti doni con il Nome di Nipotino ricamato, dipinto, decupato, scolpito, affrescato, assemblato con materiale di recupero, modellato, racchiuso in bottiglie di vetro soffiato.  Da tre giorni non c’è telefonata di lavoro o di cazzeggio né incontro occasionale (per strada o al supermercato) durante i quali il mio interlocutore del momento non si senta in dovere di chiedere: <<Come sta Pietro?>>, oppure <<Tra quanto nascerà Pietro?>>. Tra MAI. Pietro non nascerà mai. Sia chiaro: Nipotino arriverà, sempre alla data stabilita (più o meno, perché bisogna tenere conto del margine d’errore statistico) , ma non si chiamerà Pietro neanche per sbaglio. Non ci sarà nessunissimo Pietro, perché Figlia ha cambiato idea e meno male che tra una cosa e l’altra si è ricordata di dirmelo, appena un attimo prima che io ordinassi un trompe-l’oeil per il mio studio: un gioco di lettere intrecciate a formare il nome che Nipotino non avrà.

giovedì 2 giugno 2011

ACCADRA’ IL 16 SETTEMBRE

C’è un clima ansiogeno in casa dopo la telefonata di Figlia. Anche Gino e la signora Luisa uggiolano piano in segno d’inquietudine (ai cani mica gliela puoi contare su).
<<Sarà il 16 settembre>>, mi ha comunicato Figlia.
<<Sarà il 16 settembre>>, ho riferito a Futuro Nonno Putativo.
Sarà il 16 settembre il giorno in cui Figlia dovrà sostenere un altro dei suoi importantissimi, irrinunciabili esami  (l’ iter di studio di Figlia tende all’infinito). In quella data Nipotino avrà raggiunto, più o meno, le due settimane di vita. Nonno Putativo e io siamo stati prescelti per custodirlo fuori dalle porte dell’aula in cui si svolgerà la prova scritta. L’aula si trova in un edificio che sorge nella città, lontana una 50 di chilometri dalla nostra, dove Figlia frequenta la scuola di specializzazione.
Noi aspetteremo fuori. Se Nipotino all’improvviso, servendosi del pianto stereofonico di cui solo i piccolissimi sono capaci, dovesse reclamare la poppata faremo così. Chiederemo a un bidello di bussare alla porta per domandare alla commissione di permettere a Figlia di interrompere la prova, per offrire a Bambino quanto gli spetta di diritto, avendo appena due settimane di vita e quindi, ogni due-tre ore, un incoercibile desiderio di latte e di mamma.  Una volta sazio, Nipotino verrà restituito a noi che lo porteremo al parco nell’attesa che Figlia si spicci.
<<E se dovesse piovere?>>, domando a Nonno Putativo.
<<Andremo in un centro commerciale. Ne cerco in Internet uno che abbia lo spazio fasciatoio…>>. Ha il pieno controllo della situazione: se non fosse che suda di paura come una foca monaca potrei quasi rilassarmi.