E’
“la mia mamma Valentina” quando ne ha nostalgia e quindi a voce alta ne ricorda
le azioni, i gesti, le parole. “La mia mamma Valentina ha disegnato con me”, “La
mia mamma Valentina mi ha detto che sono pRRopRRio bello”
E’
“mia mamma” di sera, durante il tragitto in auto verso casa sua, quando manca
poco al momento in cui la rivedrà dopo tante ore passate tra asilo e casa dei
nonni. “Mia mamma è a casa che mi aspetta” “Quando aRRivo a casa dormo con mia mamma”
Ma
quando ripassa i suoi divieti e i suoi precetti (oggi niente I-pad, non farti imboccare
dalla nonna, in bagno devi andarci da solo) Figlia è semplicemente “LEI”. “LEI ha detto niente televisione!”
LEI:
la massima autorità del cosmo, la detentrice della Legge e della Verità, LEI. I
suoi imperativi sono categorici. Le sue dritte che non si discutono. LEI. E io
mi chiedo, tra lo stupore e l’ammirazione
(più qualche grammo di purissima invidia), in che modo Figlia ci sia riuscita a raggiungere questo
terzo livello di mammità, una chimera
per noi nati dieci anni dopo quelli che hanno fatto il Sessantotto.
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