L’abbiamo infagottato nonostante il tepore (inquietante) di questo novembre. L’abbiamo messo in un trasportino, realizzato secondo le normative CE e destinato a bambini non claustrofobici. Abbiamo agganciato il trasportino al sedile dell’automobile, quindi gli abbiamo messo in bocca il ciuccio, che lui ha sputato con un plop di spumante stappato, facendosi venire in contemporanea l’urto di vomito. Come a dire: ragazze, a volte accetto ‘sta schifezza al silicone che manco da lontano sembra una tetta, e lo faccio per farvi contente. Cerchiamo però di evitare questa bufala quando c’è di meglio, come per esempio andare in auto e godere di tanti bellissimi scossoni digestivi.
Così siamo partite per l’IKEA, trascinandoci dietro l’ignaro Nipotino di ottimo umore, come sempre è quando gli si profila un tragitto in auto, nonostante la ridotta possibilità di muoversi e di guardarsi attorno. Eravamo in tre: Figlia, io e la cugina Paola, ragazza trasversale che, anche grazie alla sua età perfettamente equidistante dalla mia e da quella di Figlia, riesce a essere amica intima di entrambe. Dovete sapere che niente per me, per Figlia e per la trasversale cugina Paola è più eccitante e insieme rilassante di un pomeriggio all’Ikea, dove compreremmo assolutamente tutto, compreso un intero arredamento per una casa da 35 metriquadrati (e infinite volte siamo state lì lì per farlo, euforiche e dimentiche del trascurabile particolare di non possedere neanche l’ombra di un monolocale vuoto da arredare). Va detto che andare all’Ikea di domenica pomeriggio è una scelta discutibile specialmente se al seguito c’è un bebè. Un fiume umano scorreva nei corridoi, esondando in prossimità della zona ristorante, per ritirarsi in una sorta di provvidenziale bassa marea all’altezza dei tessuti a metraggio. Nipotino aveva le guance arrossate per la calura (ma lo regalano il metano a questi svedesi?), la ressa e l’entusiasmo della novità. Io lo tenevo in braccio, diritto e appoggiato di schiena al mio petto, per permettergli una buona panoramica. Figlia e Cugina prendevano misure, valutavano i cuscini, riempivano le sacche gialle di candele colorate. Ed è stato osservandole e poi riflettendo su quello che provavo che mi sono sentita vecchia per la prima volta in vita mia: non riuscivo a godermi niente. A differenza di loro che erano in preda a una crisi da acquisto compulsivo, nulla riusciva a distrarmi da un pensiero fisso: i microbi, di certo presenti a legioni in un ambiente così affollato, chiuso e riscaldato che avrebbero potuto raggiungere Nipotino e farlo ammalare. Così ho detto alle ragazze che trovavo quel caldo insopportabile, di fare pure con calma per carità, le avrei aspettate con Nipotino nella frescura della zona casse. Ho percorso velocemente, per quanto mi permetteva la folla, la distanza tra il reparto bambini e l’uscita poi mi sono seduta su un mucchio di cartoni a un passo dalla cassa fai da te. Peccato che Nipotino non abbia apprezzato la nuova situazione e lo scenario molto più spartano e meno colorato del precedente. In un amen è diventato viola di rabbia (è un bimbo con grande personalità) e ha cominciato a urlare col suo vocione sorprendente per un bebè, da cui ci si aspetterebbe un più gentile meo meo. Manco a dirlo quelli in fila alle casse (e non erano pochi), si sono girati tutti verso di noi (non foss’altro che per ingannare l’attesa). Imbarazzatissima mi sono alzata dai cartoni è ho cominciato a shakerare Nipotino, camminando avanti e indietro e cantando piano Il pescatore di De Andrè, la sua canzone preferita, prima ancora di Fra Martino campanaro. Niente da fare. L’ho fatto volare sopra la mia testa tenendo le braccia ben tese, è la strategia che in genere funziona meglio, tant’è che ci siamo convinti che abbia l’animo dell’aviatore, invece ciccia. La sua ira è giunta al parossismo. Mi osservavano tutti, chi divertito, chi sarcastico, chi disapprovante. Faceva caldissimo (Dio delle nonne guarda giù). A un certo punto, oltre Nipotino in modalità sirena, oltre il brusio, oltre il caldo e l’imbarazzo si è levata una voce maschile, acida, severa, vibrante di disappunto eppure gelida e con note di sfida:
<<I figli bisogna farli all’età giusta. Ogni frutto ha la sua stagione…Sennò ecco i risultati: manco a chetarli si riesce>>.
Ma vaffanculo (l'ho solo pensato, però).
Ma come? Non gli hai detto niente??
RispondiEliminaP.
E non hai risposto????
RispondiEliminaIo gli avrei detto trionfante: sono la nonna, bischero, e se sei tanto bravo a chetarlo vieni tu.
RispondiEliminache cafone !!! cielo !! mi spiace !!!
RispondiEliminaa me e` successo lo steso giorni fa con la figlia di una mia amica all`opera house a cork,cielo quanto strillava.... non son riuscita a calmarla,e l`ho restituita alla madre, che era spaventata visto che a casa non ha mai urlato cosi`... ero di turno per fare la volontaria al film festival e tutti mi conosccevano nella hall, fortuna che son abituati ai bimbi che fanno sentire la loro opinione... coraggio e non pensarci... che cafone ...
ciao
eli da cork
Ci sono persone veramente terribili!!! i figli bisognerebbe farli all'età giusta?!?! ma come ti permetti cafone!!! conosco una madre meravigliosa che ha avuto la terza figlia a più di quarant'anni, è arrivata, non è stata certo cercata! pianti e depressione per colpa di buzzurri di questo tipo hanno accompagnato i primi mesi di questa donna!!! dovevi assolutamente rispondergli e anche in malo modo!!! ma come si fa?!?!
RispondiEliminasono basita.
bastava dirgli:
RispondiEliminaINVECE IMBECILLI SI PUO' ESSERE AD OGNI ETA'
Io quoto (e ghigno) Flavio.
RispondiEliminaI probelma è che non dovevi fermarti a pensarlo.
Ma sei una gentildonna, evidentemente.
Susibita
Forse eri vestita da rocker e ti ha presa per un clone di Gianna Nannini? ;)
RispondiEliminaE' che quando degli estranei si permettono certe cafonerie spesso si rimane paralizzati... Comunque un vaffanculo detto ad alta voce in fila all'IKEA è quanto di più terapeutico riesco ad immaginare!
avrà avuto caldo. Molto caldo. Troppo.
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